lunedì 30 novembre 2015

Star Wars: Episodio IV - Una nuova speranza (1977)

★★★★

Tanto tempo fa in una galassia lontana lontana il temibile Impero è minacciato dall'Alleanza Ribelle che è insorta contro il suo potere totalitario. Mentre il malvagio Darth Vader, a capo della Flotta Stellare Imperiale, è impegnato a spezzare le ultime resistenze ribelli, la principessa Leila (Carrie Fisher) affida al droide C1-P8 un importante messaggio per un certo Obi-Wan Kenobi (Alec Guinness) che vive sul pianeta Tatooine dove risiede anche il giovane Luke Skywalker (Mark Hamill) ovvero colui che innescherà un processo col quale la galassia tornerà libera dal giogo dell'Imperatore. 

Se la prima volta che vidi Star Wars - Una nuova speranza mi ritrovai ad assistere con un po' di emozione all'inizio della saga per eccellenza entrata di diritto non solo nella storia del cinema, ma soprattutto nella memoria collettiva andando inoltre a creare sulla sua scia un impero finanziario che manco Palpatine si sarebbe sognato, in questa speciale retrospettiva dedicata all'universo creato da George Lucas in occasione dell'uscita del settimo capitolo l'emozione è rimasta pressoché intatta così come il mio atteggiamento nei confronti dei due insopportabili droidi (C1-P8 e C-3PO) che ho trovato ancora più detestabili della prima volta; il dorato poi è di una pedanteria sfiancante. 

I due droidi, assieme a un piccolo momento di sceneggiatura davvero geniale nella prima mezz'ora (C-3PO: "Ci sono parecchie creature che si avvicinano da sud est" e Luke gli risponde: "Sabbipodi. Coraggio, andiamo a dare un'occhiata". Mamma mia che intuizione illuminante, Luke, hai una laurea in Furbologia, vero?) fanno sì che io desideri un improvviso black-out che zittisca in maniera permanente quegli ammassi di ferraglia. Per fortuna arriva presto Han Solo, il personaggio carismatico con la battuta sempre pronta e la faccia da amabile stronzo, che evita il crollo di Star Wars nella tediosità di cui spesso sono affetti quei film che si prendono maledettamente sul serio. Harrison Ford è sempre stato perfetto per il ruolo di scanzonato risolvi-situazione con ammiccamento inclusivo, poco da fare. 

Han Solo (Harrison Ford) è forse il mio personaggio preferito della saga originale, assieme a Darth Vader (Lord Fener chiamatelo voi) o come è anche chiamato "Lord Vaso" o "Fornellino elettrico portatile", e sue sono le battute migliori e i momenti di dialogo meno scontati. Esilarante quando tenta di tranquillizzare le guardie in comunicazione radio e infine spara all'alto-parlante sfoderando la frase "Conversazione noiosa, comunque" o come quando, dopo aver fatto la conoscenza della principessa Leila, dice a Luke "Non so se ucciderla o innamorarmi di lei". Io sicuramente ti adoro, Han. Se non ci fossi tu ti avrebbero dovuto inventare. 

Star Wars - Una nuova speranza è il primo capitolo di quella che è poi diventata una saga, ma si può notare come questo film sia una sorta di banco di prova, certe cose erano in fase di scrittura infatti Lucas non sapeva a chi Leila dovesse sbolognarla ed ecco che la vediamo sorridere maliarda ad Han Solo e dispensare sorrisi e bacetti portafortuna a Luke Skywalker; così come è appena accennato il discorso sulla Forza e forse non aveva ancora idea che Darth Vader fosse il padre di Luke. 

Perché salvo i due droidi (non mi vanno giù, che ci posso fare?) e qualche espressione facciale non proprio adatta (Quel "Cosa?!" detto da Carrie Fischer, che è diventato un meme, nun se po' vede) e un'eccessiva lungaggine nell'ultima battaglia Star Wars - Una nuova speranza non è invecchiato di un solo raggio laser: è magico, a tratti esaltante, irrimediabilmente epico con la colonna sonora rinvigorente di John Williams, divertente e pur avendo una trama - che la forza sia con me - banale e superficiale, è uno dei film che ha più influenzato, anzi, "colonizzato la nostra immaginazione", come scrisse Roger Ebert. E i successivi due film andranno ad ampliare un mondo qui appena abbozzato divenendo cupo, profondo, dark e appassionando ancora di più (pur con i suoi difetti). 
To be continued...

lunedì 9 novembre 2015

Boulevard (2014) - L'ultimo film di Robin Williams

★★★½

Boulevard parla di un uomo con un segreto. Nolan (Robin Williams) conduce una vita ripetitiva tra lavoro (in banca, in odor di promozione), casa (lui e la moglie, insegnante di inglese, dormono in letti separati) e ospizio dove si reca spesso a trovare il padre colpito da un ictus al quale dà di nascosto qualche goccia di alcol per viziarlo un po'. Nolan ha lo sguardo di chi si vede passare continuamente davanti gli occhi il filmato della propria vita. Una sera tardi, mentre sta rientrando a casa, fermo al semaforo, le voci di alcune prostitute sul marciapiede lo chiamano a sé come le sirene di Ulisse. Nolan fa inversione, si avvicina a loro e avviene lo scontro con Leo (Roberto Aguire), un ragazzo che rappresenterà la spinta di voltare pagina abbandonando una volta per tutte l'ipocrisia del suo matrimonio. 

Nolan non è un personaggio memorabile, ma è la toccante e dolce interpretazione di Robin Williams a renderlo delicato, quasi eroico, tanto da entrare nel nostro cuore. Con queste parole racconta al padre ricoverato in un ospizio dell'estate in cui, a 12 anni, ha capito di essere omosessuale: "A un tratto ho sessant'anni. E' come se fossi ancora lì, come se non fosse successo niente. Come se aspettassi ancora qualcosa che mi è stato promesso quel giorno, qualcosa che non è mai successo, e questo mi fa arrabbiare. Sono seduto ancora su quella spiaggia, ho ancora dodici anni, e non è cambiato nulla e io me ne vergogno ancora". Se l'attore di One Hour Photo e Will Hunting era uno splendido attore comico, come attore drammatico, per il sottoscritto, era tra i migliori sei assieme ad Al Pacino, James Gandolfini, Kevin Spacey, Philip Seymour Hoffman e Daniel Day-Lewis. 

La regia di Dito Montiel si muove tra gli spazi urbani, viali, strade e motel, con lentezza, come si muove il protagonista della storia scritta da Douglas Soesbe. Una storia che narra una scelta ben precisa: quella di strappare il velo dell'ipocrisia al fine di vivere nella verità anche se ciò significa andare incontro al duro muro della realtà.  

Quando Nolan porta per la prima volta Leo in un motel non è per fare del sesso, ma solo per parlare con qualcuno che lo ascolti. Quando Nolan abbraccia Leo osando toccarlo con il suo corpo per la prima volta sta solamente cercando di conoscere se stesso. E' speranzosamente convinto che quella notte in cui costeggiava un viale, abbia sbattuto contro di lui per un motivo ben preciso. E' un segno del destino. Quel qualcosa che gli è stato promesso a dodici anni gli è finalmente stato donato. Nonostante abbia ormai sessant'anni può ancora ricominciare a vivere nel mondo di cui si limita ad osservarne gli elementi scorrergli dal finestrino della sua auto. 

Com'è successo con James Gandolfini nel suo ultimo film (The Drop), in Boulevard ogni parola pronunciata da Robin Williams (così come le piccole scene finali) assume il triste ruolo di un presagio. "E' finita". Con questa vita, sì. Ma s'imbocca una nuova strada e poi un'altra e un'altra ancora. Chi ti incontrerà, Robin, sarà una persona migliore, di questo ne sono certo.