lunedì 29 dicembre 2014

Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy

Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy

★★★½

A San Diego ogni giorno una leggenda va in onda su Channel Four e in quasi tutte le televisioni della città lo si può vedere leggere il notiziario. Lui è il vincitore di cinque Emmy Award. Lui è amato dalle donne a cui elargisce complimenti unici quali "Ha un culo da schianto!" o "Mi piacerebbe averla addosso". Lui è un anchorman. Lui è Ron Burgundy (Will Ferrell). Presto però se la dovrà vedere con l'arrivo di una nuova collega, Veronica Corningstone (Christina Applegate), pronta a tutto per diventare una anchorman professionista. 


Sarebbe bello se ci fosse un Ron Burgundy in ogni casa. La sera, mentre si cena con la famiglia, accedendo la tv, dovremmo vedere il suo faccione, la capigliatura antica e i baffi folti, che legge le notizie, buffe come una sfilata di gatti o il parto di un panda in diretta, che ci augura la buona serata con la sua tipica frase adattata per l'occasione: "Vivi con classe, Italia". 


Will Ferrell è il mattatore di questa acuta ed esilarante commedia ambientata nel mondo del giornalismo televisivo degli anni '70 quando gli Anchorman erano una specie di divinità scese in terra. Ron Burgundy è la divinità di San Diego. E' l'anchorman di Channel Four News che da anni assicura al canale ascolti record e che alimenta le invidie dei suoi rivali. Ma Burgundy non è da solo, è il capitano di una ciurma di giornalisti unica al mondo: Brian Fantana, il corrispondente dalla strada, incallito tombeur de femme; alle notizie sportive invece abbiamo Champ Kind, cappello da cowboy e modi da vaccaro texano, mentre il meteo è affidato a Brick Tamland, ritardato mentale. Gli attori, rispettivamente Paul Rudd, David Koechner e Steve Carell, formano con Will Ferrell un team affiatato il cui divertimento nel recitare in Anchorman è palpabile in ogni scena. 


Però non poteva mancare una componente femminile che sconvolgesse le dinamiche consolidate del team e del canale televisivo che in questo caso è rappresentata dalla giornalista e aspirante anchorlady Veronica Corningstone la quale non riuscirà a resistere al fascino cafone di Ron Burgundy soprattutto dopo una sua esibizione di flauto jazz in un noto locale di San Diego che per chi non lo sapesse quando fu scoperta dai tedeschi gli venne dato il nome Zantiago che significa "vagina di una balena". Un po' di cultura non fa mai male, grazie Ron. Veronica mette in chiaro una cosa però: nessuno della redazione dovrà mai scoprirlo. "IO E VERONICA CORNINGSTONE SIAMO STATI A LETTO INSIEME E ORA SIAMO INNAMORATI" urla Ron nel suo ufficio subito il mattino dopo davanti alla sua ciurma sorpresa dalla parola "innamorati" che domanda a Ron, pendenti dalle sue labbra, come ci si sente a esserlo, come se fossero i bambini sperduti che chiedono a Wendy che cos'è una mamma, e lui risponde che è una cosa strana e attaccano a cantare un motivetto musicale delizioso (Afternoon Delight).


Qual è il fatto che scatena una sequela di ripicche e colpi bassi da parte di Ron e Veronica? Semplice: a quest'ultima gli viene affidata la co-conduzione del notiziario. Fatto più che normale al giorno d'oggi, ma una stranezza trent'anni fa. D'altronde citando Champ Kind "lo dice la parola tessa 'Anchorman' non 'Anchorlady'. E' un dato scientifico" come lo è il seguente: se Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy non vi diverte allora dovrete farvi vedere da uno bravo. Subito.

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):



Titolo originale: Anchorman: The Legend of Ron Burgundy
Paese di produzione: USA
Anno: 2004
Durata: 94 min
Generecommedia
Regia: Adam McKay
Sceneggiatura: Adam McKay, Will Ferrell
Produttore: Judd Apatow, David O. Russell
Fotografia: Thomas E. Ackerman
Montaggio: Brent White
Musiche: Alex Wurman

Interpreti e personaggi:
Will Ferrell: Ronald Joseph Aaron "Ron" Burgundy
Christina Applegate: Veronica Corningstone
Paul Rudd: Brian Fantana
David Koechner: Champ Kind
Steve Carell: Brick Tamland
Fred Willard: Ed Harken
Chris Parnell: Garth Holladay
Vince Vaughn: Wes Mantooth
Luke Wilson: Frank Vitchard
Ben Stiller: Arturo Mendez
Danny Trejo: barista
Seth Rogen: cameraman
Jack Black: motociclista
Fred Armisen: Tino
Adam McKay: inserviente
Tim Robbins: anchorman delle news
Jimmy Bennett: Tommy

Burt Reynolds: se stesso

Denny B.




venerdì 26 dicembre 2014

Non aprite quella porta (1974)

Non aprite quella porta

★★★

"Il film che state per vedere è un resoconto della tragedia che è capitata a cinque giovani, in particolare a Sally Hardesty e a suo fratello invalido Franklin; il fatto che fossero giovani rende tutto molto più tragico, le loro giovani vite furono stroncate da eventi così assurdi e macabri che forse neanche loro avrebbero mai pensato di vivere... per loro una gita pomeridiana estiva si trasformò in un incubo e i fatti di quel giorno portarono alla scoperta di uno dei crimini più efferati della storia americana."

18 agosto 1973. Texas. Un gruppo di studenti del college, Sally (Marilyn Burns) e Pamela (Teri McMinn) e i loro rispettivi fidanzati Jerry (Allen Danziger) e Kirk (William Vail), e Franklin (Paul A. Partain), il fratello disabile di Sally, incontrano e accettano di far salire sul loro furgone un autostoppista che presto si rivelerà un folle che si ferisce volontariamente una mano con un coltello e poi con un rasoio ferisce Franklin a un braccio prima che lo caccino dal veicolo. Dopo essersi fermati da un benzinaio, sprovvisto però di benzina, comprano un po' di carne alla griglia e i ragazzi decidono di recarsi alla vecchia casa del nonno di Franklin pur essendo stati sconsigliati dal benzinaio per via della gente cattiva e scortese del luogo. Arrivati a destinazione Kirk e Pam cercano un posto in cui fare il bagno, ma il forte rumore di un generatore li incuriosisce e li attira verso una villa vicina. Kirk prima bussa alla porta e poi decide di entrare. Una imponente figura umana con una maschera di pelle umana sul volto lo tramortisce con un colpo di mannaia e lo conduce nella sua stanza. E' solo l'inizio di un massacro. 



Durante la macabra cena a casa Leatherface lo spettatore ha un ulteriore assaggio della visione folle e lurida di Tobe Hooper: si riesce a immedesimare nella povera Sally urlante e gemente legata alla sedia di fronte al tavolo imbandito di oggetti fatti di ossa umane e piatti su cui la carne si porta dietro un'ipotesi rivoltante (carne umana, di certo) in compagnia di commensali da incubo: Leatherface, con una maschera truccata con rossetto e una folta capigliatura castana, suo fratello che fa le smorfie e ulula stuzzicando la vittima, il padre che se la ride e ogni tanto rimprovera i suoi pargoli con schiaffi e dure parole, e poi il nonno moribondo, seduto a capotavola, con anch'egli una maschera di pelle umana sul volto scarno. Io vorrei distogliere lo sguardo da questo spettacolo, fuggire all'aria aperta, bermi un bicchiere d'acqua, ma non ci riesco. Sono costretto a guardare. E allora guardo; cercando di fuggire almeno con la mente in spazi più freschi e ospitali. 



Costato centoquarantamila dollari Non aprite quella porta (The Texas Chain Saw Massacre) incassò più di trenta milioni divenendo uno dei film indipendenti più redditizi della storia del cinema. Con il tempo è divenuto un cult intramontabile del genere horror (o slasher) ed è a oggi uno dei film più terribili che possiate mai vedere, possibilmente non in famiglia e a stomaco vuoto. 



Mentre lo guardavo ricercavo in me le motivazioni che mi avevano spinto a farlo e soprattutto quelle di milioni di fan del film il cui numero di visioni cresce in maniera esponenziale: forse lo si guarda per vedere quanto oltre si può spingere un regista con un visionario così concretamente macabro come quello di Tobe Hooper: una grassa gallina rinchiusa in una gabbia, oggetti d'arredamento fatti di ossa animali e non, pelli appese alle pareti, lerciume dappertutto, carnefici viscidi e fuori dal mondo civilizzato, tutti questi elementi combinati insieme vanno a creare un'atmosfera claustrofobica, fetida e nauseante. E le riflessioni a mente fredda e a stomaco sottosopra riguardano i malcapitati ragazzi che sono vittime dei carnefici e gli stessi carnefici che sono vittime di una realtà sociale isolata dal mondo civilizzato. Non è interessante che da un film così violento e macabro possano scaturire riflessioni sociologiche che approfondirei volentieri riuscissi a levarmi dalla testa quella terrificante cena a casa Leatherface?

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: The Texas Chain Saw Massacre
Paese di produzione: USA
Anno: 1974
Durata: 83 min
Genereslasher
Regia: Tobe Hooper
Soggetto: Kim Henkel, Tobe Hooper
Sceneggiatura: Kim Henkel, Tobe Hooper
Produttore: Tobe Hooper, Lou Peraino
Casa di produzione: Vortex, Vortex/Henkel/Hooper prouction, Metro-Goldwyn-Mayer, Cannon, New Line Cinema, Columbia Pictures
Distribuzione (Italia) : Quinto Grado, Stormovie, Dall'Angelo Pictures
Fotografia: Daniel Pearl
Montaggio: Larry Carroll, Sallye Richardson
Effetti speciali: Dean W. Miller
Musiche: Wayne Bell, Tobe Hooper (sincronizzazione e accompagnamento musicale)
Scenografia: Robert A. Burns
Trucco: W.E. Barnes, Dorothy J. Pearl

Interpreti e personaggi:
Marilyn Burns: Sally Hardesty
Paul A. Partain: Franklin Hardesty
Allen Danziger: Jerry
William Vail: Kirk
Teri McMinn: Pam
Edwin Neal: L’Autostoppista
Jim Siedow: ll Cuoco
Gunnar Hansen: Leatherface
John Dugan: Il Nonno
Robert Courtin: Lavavetri
William Creamer: Uomo con la barba
John Henry Faulk: Cantastorie
Jerry Green: Cowboy
Ed Guinn: Camionista
Joe Bill Hogan: Ubriaco
Perry Lorenz: Autista
John Larroquette: Voce narrante

Doppiatori italiani:
Doppiaggio originale:
Vittorio Stagni: Franklin Hardesty

Doppiaggio 1994:
Anna Rita Pasanisi: Sally Hardesty
Massimo Giuliani: Franklin Hardesty
Oreste Baldini: Kirk
Emanuela Rossi: Pam
Mino Caprio: L’Autostoppista
Oliviero Dinelli: ll Cuoco
Vittorio Di Prima: Voce narrante

Denny B.


mercoledì 24 dicembre 2014

Storia del nuovo cognome di Elena Ferrante



La scrittura di Elena Ferrante con Storia del nuovo cognome non è più garbata, come in L'amica geniale, ma si fa inaspettatamente più schietta, non utilizza mezzi termini quando deve dire "zoccola", e a un certo punto ho notato, con un brivido, un bocciolo di crudeltà che se da una parte mi intriga - curioso di vederne distendere i petali - dall'altra mi fa tremare al pensiero della sorte che l'autrice potrà riservare per le due protagoniste il cui rapporto d'amore/odio, di rivalità e rivalsa, s'arricchisce sempre di più con lo scorrere fluido delle pagine. 

Devo confessarvi che circa a pagina quarantaquattro avevo intenzione di smettere: se amate il personaggio di Lila non potrete non arrabbiarvi e stringere un poco il libro tra le mani immaginando di avere invece il collo del vile personaggio di cui non farò il nome al fine di non guastarvi il piacere della lettura e verso la fine scuoterete il capo desiderando di entrare dentro la storia e come un deus ex machina portarla via con voi stretta tra le braccia. Molti, riguardante la lunga parte della vacanza a Ischia, che occupa più di cento pagine, si sono lamentati definendola lenta e poco avvincente: mi chiedo allora se hanno letto lo stesso libro che ho letto io. E' qui che avviene un cambiamento, o per meglio dire uno stravolgimento nel cuore e nel corpo di Lila nonché in quello della narratrice onnisciente Elena, legate in questo caso da un destino beffardamente in comune. 

Per il resto io non posso far altro che confermare ciò che ho scritto nella prima recensione: la storia mi ha conquistato e non riesce ad annoiarmi. I personaggi sono avidi, senza scrupoli, iracondi, irresponsabili, egoisti e ignoranti. E non cadete nell'errore di salvare le due protagoniste solo perché la loro amicizia sopravvive nonostante i litigi, le gelosie le lontananze. Tuttavia se in futuro dovessi avere la fortuna di incontrare una persona come Lila la corteggerei fino a esaurire la scorta mondiale di corte. E' davvero impossibile interrompere la lettura. Devo sapere come andrà a finire. Nel frattempo mi godo il viaggio che continua con il terzo libro. E voi cosa state aspettando? Visto che Natale è ormai alle porte chiedete al Babbo rosso che vi porti la quadrilogia de L'amica geniale. Forse mi ringrazierete con del latte e biscotti. 

Denny B.


lunedì 22 dicembre 2014

Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate

Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate


★★

Smaug, uscito dalla montagna, attacca Pontelagolungo dispensando morte e fiamme. Ma c'è chi lo fermerà. Nel frattempo a Erebor, Thorin (Richard Armitage) ha contratto la malattia del drago e ordina ai nani di cercare l'Arkengemma che Bilbo tiene nascosta per non peggiorare la situazione del suo amico che inoltre fa costruire un muro all'entrata di Erebor per proteggersi dagli uomini sfuggiti da Smaug e comandati da Bard (Luke Evans) e dall'esercito di Thranduil (Lee Pace) venuto a rivendicare la proprietà su alcune gemme elfiche appartenute a sua moglie. Intanto Azog marcia verso Erebor con le sue schiere di orchi. E Gandalf (Ian McKellen), salvato da Galadriel (Cate Blanchett), cerca di dissuadere tutti dall'uso della violenza, ma nonostante i suoi avvertimenti, la guerra sembra ormai imminente. 



Smaug è un drago. Un possente drago. Quindi, quanto ci metterà a dare alla fiamme Pontelagolungo? Cinque minuti se nel mentre si fa una siesta. Perché allora il film dura due ore e mezza? Semplice: il drago muore. Che spoiler, caro pubblico. Non ve la sareste mai aspettata, la sua morte, vero? Insomma: quanto sarebbe durata la battaglia delle cinque armate con un drago dalle dimensioni di un continente sfrecciante nel cielo sopra Erebor? Altri cinque minuti. Durata totale: dieci minuti. E mi sarei risparmiato lo strazio successivo.



Dov'è il sentimento che mi ha invaso quando Sam torna alla Contea? Dov'è l'epicità di cui erano ammantate le battaglie della prima e unica trilogia tolkeniana? Dove sono le emozioni, i brividi, le lacrime, i sorrisi speranzosi che il cinema offre a piene mani ai suoi fedeli amanti? Questo Lo Hobbit è solo una pesante matassa ingarbugliata di effetti speciali che la regia di Jackson, invece di alleggerire, appesantisce facendo venire letteralmente il mal di mare con i suoi ripetuti girotondi di macchina dimostrando per la terza volta quanto sia stanco e frustrato. 



La storia d'amore tra l'elfa e il nano qui raggiunge la vetta della sua inutilità riscontrata fin dall'inizio. La scena in cui Legolas si salva dal vuoto saltando a rallentatore sui sassi frananti come Super Mario Bros è di una ridicolaggine assurda. Le morti che si susseguono nello scontro finale scivolano fuori dal bordo dei miei occhi senza che una lacrima ne interrompa la caduta. Lo Hobbit - La battaglia delle cinque armate non è nient'altro che una minestra riscaldata che sa ormai di bruciato. La malattia di Thorin che vuole ricordare la smania per l'anello mentre la guerra per Erebor tenta invano di essere una versione ingigantita dell'epica battaglia al Fosso di Helm sono sintomi di una fiacchezza creativa agli sgoccioli.  



Della trilogia de Lo Hobbit non un solo momento verrà ricordato in futuro (solo l'incontro tra Bilbo e Gollum si salverà dal baratro del dimenticatoio) perché è il monumento alla stanchezza artistica di un regista che pare aver barattato il suo talento per talleri sonanti e luccicanti. E' Peter Jackson a essere affetto dalla malattia dell'oro la quale mi ha fatto assistere a una storia di cui non ricorderò assolutamente nulla. Se voi fan vi sentite delusi, figuriamoci come si sente un profano quale il sottoscritto. 

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):


Titolo originale: The Hobbit: The Battle of the Five Armies
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Nuova Zelanda, USA
Anno: 2014
Durata: 144 minuti (versione cinematografica)
Generefantastico, avventura, epico
Regia: Peter Jackson
Soggetto: J. R. R. Tolkien (romanzo)
Sceneggiatura: Peter Jackson, Fran Walsh, Guillermo del Toro, Philippa Boyens
Produttore: Peter Jackson, Carolynne Cunningham, Fran Walsh, Zane Weiner
Casa di produzione: New Line Cinema, Metro-Goldwyn-Mayer, Warner Bros., WingNut Films
Distribuzione (Italia): Warner Bros.
Fotografia: Andrew Lesnie
Montaggio: Jabez Olssen
Effetti speciali: Weta Digital
Musiche: Howard Shore
Scenografia: Dan Hennah
Costumi: Ann Maskrey, Bob Buck

Interpreti e personaggi:
Martin Freeman: Bilbo Baggins
Ian McKellen: Gandalf
Richard Armitage: Thorin Scudodiquercia
Evangeline Lilly: Tauriel
Lee Pace: Thranduil
Luke Evans: Bard l'Arciere
Benedict Cumberbatch: Smaug
Orlando Bloom: Legolas
Ken Stott: Balin
Graham McTavish: Dwalin
Aidan Turner: Kíli
Dean O'Gorman: Fíli
Mark Hadlow: Dori
Jed Brophy: Nori
Adam Brown: Ori
John Callen: Óin
Peter Hambleton: Glóin
William Kircher: Bifur
James Nesbitt: Bofur
Stephen Hunter: Bombur
Billy Connolly: Dáin II Piediferro
Mikael Persbrandt: Beorn
Cate Blanchett: Galadriel
Ian Holm: Bilbo Baggins (anziano)
Christopher Lee: Saruman
Hugo Weaving: Elrond
Sylvester McCoy: Radagast
Stephen Fry: Governatore di Pontelagolungo
Ryan Gage: Alfrid
John Bell: Bain
Peggy Nesbitt: Sigrid
Mary Nesbitt: Tilda
Manu Bennett: Azog
John Tui: Bolg
Conan Stevens: Custode delle celle segrete di Dol Guldur

Doppiatori italiani
Fabrizio Vidale: Bilbo Baggins
Gigi Proietti: Gandalf
Fabrizio Pucci: Thorin Scudodiquercia
Daniela Calò: Tauriel
Marco Foschi: Thranduil
Giorgio Borghetti: Bard l'Arciere
Luca Ward: Smaug
Massimiliano Manfredi: Legolas
Carlo Valli: Balin
Bruno Conti: Dwalin
Stefano Crescentini: Kíli
Corrado Conforti: Fíli
Roberto Stocchi: Dori
Luigi Ferraro: Nori
Edoardo Stoppacciaro: Ori
Andrea Tidona: Óin
Edoardo Siravo: Glóin
Francesco Sechi: Bifur
Antonio Palumbo: Bofur
Mauro Magliozzi: Bombur
Roberto Draghetti: Dáin II Piediferro
Cristiana Lionello: Galadriel
Vittorio Congia: Bilbo Baggins (anziano)
Omero Antonutti: Saruman
Luca Biagini: Elrond
Bruno Alessandro: Radagast
Massimo Lopez: Governatore di Pontelungo
Franco Mannella: Alfrid
Manuel Meli: Bain
Erica Necci: Sigrid
Arianna Vignoli: Tilda

Denny B.

venerdì 19 dicembre 2014

Gone Girl - L'amore bugiardo

Gone Girl - L'amore bugiardo


★★★½

Nick (Ben Affleck) e Amy Dunne (Rosamund Pike) sono una coppia di coniugi entrambi scrittori a causa di un ridimensionamento Nick perde il suo lavoro e decide di trasferirsi con lei nella sua città natale nel Nord Carthage, Missouri, dove apre un bar assieme a sua sorella gemella Margo (Carrie Coon). Qui, alla vigilia del loro quinto anniversario, Nick, tornando a casa, non trova più Amy. E Nick diventa il primo sospettato della sua scomparsa. 


Una mattina vostra moglie scompare nel nulla. Entrate in casa e trovate il tavolino di vetro al centro dei divani infranto. Una colluttazione. L'hanno rapita; ha fatto resistenza e c'è stata una colluttazione. Chiamate la polizia. Una detective vi fa le solite domande, ficca il naso nelle vostre stanze, appiccica post-it gialli come Francesco Sole su alcuni mobili recanti tracce rosse (sangue?) e poi vi porta in centrale dove nota con stupore che voi sete troppo rilassati, e non siete a conoscenza di cosa fa vostra moglie durante la giornata, se ha delle amiche, come si guadagna da vivere, date solo risposte vaghe e "non lo so". E' il quinto anniversario di matrimonio e come per abitudine vostra moglie vi ha organizzato una caccia al tesoro, che tentate di risolvere con la presenza fissa della polizia, salvo poi tenervi per voi l'ultimo indizio piuttosto criptico. Intanto i media s'interessano al vostro caso. A un pranzo per i volontari impegnati nelle ricerche una fanatica delle tragedie si fa un selfie con voi, sorridenti, e lo condivide sui social. Una di quelle conduttrici femministe a stelle e strisce vi massacra: "A quest'uomo gli scompare la moglie e non viene in mente nient'altro che farsi un selfie bello sorridente?". Avete il fiato della stampa, dei media e dell'opinione pubblica sul collo. La vostra abitazione è assediata dalle macchine fotografiche e dalle telecamere. Credono che l'abbiate uccisa. Personalmente non credo nella vostra colpevolezza: insomma, non riuscite a cambiarvi una camicia in tre giorni, figuriamoci uccidere la moglie, e far sparire il corpo. 


Ma oltre alla vostra versione c'è quella di vostra moglie che ha tenuto un diario segreto in cui ha descritto i cinque anni di convivenza: dai magici sberluccichii da favola degli inizi fino agli ultimi anni del trasferimento in Missouri dove siete diventati come una di quelle coppie noiose e prevedibili che vi divertivate a dileggiare. La usate solo per una sveltina ogni tanto. E quando lei tenta di parlarvi del bisogno di un bambino avete uno scatto d'ira e la spingete contro le scale. Lei comincia ad avere paura di voi. Si compra addirittura una pistola perché voi potreste ucciderla. Ascoltando questa versione viene fuori che non siete proprio quel che si dice un marito buono e premuroso. E altri fatti compromettenti affiorano in superficie come pesi che avete cercato di affondare. Manca solo di ascoltare l'ultima versione: la verità.


Ben Affleck si ostina a stare dalla parte sbagliata della cinepresa. Io c'ho perso le speranze, gliel'ho detto in tutte le salse, gli ho inviato piccioni viaggiatori e corvi recanti minacce, oltre a segnali di fumo, ma è stato tutto inutile, e mi sono ritrovato ancora una volta davanti quella faccia da quarto di bue stiracchiato (è più espressivo il gatto, vedere per credere). Per nostra fortuna la componente femminile del duetto è rappresentata da Rosamund Pike che per quanto anche lei abbia una difficoltà nelle esprimere le emozioni col viso ha degli occhi particolari che sopperiscono a tale mancanza. La fortuna non finisce qui perché la regia di Gone Girl è affidata a David Fincher, che ha occhio per le immagini, regista di Zodiac (il film definitivo sui serial killer), di Seven, malato e morboso che non rivedrei mai neanche con una pistola puntata alla tempia, e che viene osannato solo per il fastidiosissimo Fight Club e che da alcuni folli ubriaconi viene considerato addirittura un erede di Kubrick, ma prego, vi consento imprecazioni random fino a quando non vi finisce il fiato. 



Gone Girl - L'amore bugiardo è un thriller calibrato, con una fotografia fredda di una tonalità di colore più chiara rispetto a quella di Mystic River, una colonna sonora adeguata, e cupissimo, che descrive il matrimonio per quello che potrebbe essere: una follia di coppia. Per certi versi azzarderei a definirlo una sorta di La guerra dei Roses del XXI secolo. A cosa si arriva per "vivacizzare" il rapporto. E soprattutto: a cosa si arriverà in futuro? Il vero inizio del film sembra essere la sua fine. Per quanto amiate una persona, per quanto condividiate i giorni e le notti, per quanto crediate di averne afferrato ogni brandello della sua personalità, non riuscirete mai a conoscerla veramente. Non sposatevi. Potrebbe esservi fatale. 


Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: Gone Girl
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2014
Durata: 149 min
Generedrammatico, thriller, mistero
Regia: David Fincher
Soggetto: Gillian Flynn (romanzo)
Sceneggiatura: Gillian Flynn
Produttore: Reese Witherspoon, Leslie Dixon, Bruna Papandrea, Ceán Chaffin
Casa di produzione: New Regency Pictures, Pacific Standard
Distribuzione (Italia): 20th Century Fox
Fotografia: Jeff Cronenweth
Montaggio: Kirk Baxter, Angus Wall
Musiche: Trent Reznor, Atticus Ross
Scenografia: Donald Graham Burt
Costumi: Trish Summerville

Interpreti e personaggi:
Ben Affleck: Nick Dunne
Rosamund Pike: Amy Dunne
Neil Patrick Harris: Desi Collings
Tyler Perry: Tanner Bolt
Carrie Coon: Margo Dunne
Kim Dickens: Detective Rhonda Boney
Meaghan Jette Martin: Giovane Amy Dunne
Patrick Fugit: Detective Jim Gilpin
Emily Ratajkowski: Andie Fitzgerald
Missi Pyle: Ellen Abbott
Lisa Banes: Marybeth Elliott
David Clennon: Rand Elliott
Casey Wilson: Noelle Hawthorne
Sela Ward: Sharon Scheiber
Boyd Holbrook: Jeff
Lola Kirke: Greta
Lee Norris: Ufficiale
Scoot McNairy: Tommy O'Hara

Doppiatori italiani:
Fabio Boccanera: Nick Dunne
Francesca Fiorentini: Amy Dunne
Francesco Prando: Desi Collings
Roberto Draghetti: Tanner Bolt

Denny B.

mercoledì 17 dicembre 2014

Lo sciacallo - Nightcrawler

Lo sciacallo - Nightcrawler

★★★

Lou Bloom (Jake Gyllenhaal) non riesce a trovare un lavoro, ma un giorno, assistendo per caso a un incidente stradale, gli viene un'idea: si procura una videocamera, un macchinario per le intercettazioni, e inizia a passare le notti in auto correndo da un luogo delle emergenze a un altro per riprendere le scene più forti e venderle alle emittenti televisive. Un giorno giunge sul luogo prima ancora dell'arrivo della polizia e riprende qualcosa che potrebbe dare la svolta alla sua carriera. 


Che Lou Bloom sia un cinico disumano ce ne rendiamo conto fin dall'inizio, quando aggredisce una guardia privata, che l'aveva sorpreso mentre tagliava i fili metallici di una recinzione, per rubargli l'orologio. Non ha un lavoro preciso. Ruba rame, lo rivende. Nessuno è interessato a dargli un impiego men che meno un tirocinio. Vive da solo. Non ha amici. Sta tutto il giorno davanti al computer con la tv accesa sui notiziari. Ogni tanto da da bere alla pianta. Una sera, assistendo a un incidente stradale, osserva in azione due cameraman freelance che riprendono i poliziotti estrarre la vittima dalle lamiere dell'auto accartocciata e gli viene come un'illuminazione. Ruba una bicicletta da corsa e la rivende a un banco dei pegni. Con il denaro ricevuto Lou acquista una videocamera, un intercettatore radio per captare le frequenze della polizia di Los Angeles, e di notte corre sui luoghi d'emergenza per riprendere immagini cruente. Una di queste riesce a venderla all'emittente televisiva diretta da Nina (interpretata da Rene Russo, moglie del regista/sceneggiatore) a cui vende in esclusiva, da lì in poi, tutto il materiale raccolto sulla strada: accoltellamenti, omicidi, incidenti, incendi e più cruento è più la curva dello share si impenna. 


Lo sciacallo segna il debutto alla regia dello sceneggiatore Dan Gillroy (Rischio a due, con Matthew McConaughey e Al Pacino) e, aggiungo io, un debutto davvero notevole. Gillroy ha occhio per l'azione. Sa come riprenderla, in questo caso è come il suo personaggio principale, che studia le inquadrature migliori per rendere le immagini cruente nel migliore modo possibile affinché i telespettatori siano catturati e costretti a guardare. La scena più agghiacciante del film vede Nina, dopo aver contrattato il prezzo dell'incredibile filmato di un triplice omicidio che Lou ha realizzato prima dell'arrivo della polizia, mandarlo in onda. I due conduttori del TG del mattino avvertono i telespettatori che si tratta di un efferato omicidio e che le immagini che stanno per trasmettere sono molto forti e consigliabili solo a un pubblico adulto. Ne descrivono le immagini punto per punto raccogliendo i suggerimenti impartiti da Nina che dalla regia, glaciale nella sua eccitazione, dice loro "Ripetete!", "Enfatizza!", "Dì che gli assassini sono fuggiti, calca su questo punto". Ecco lo sciacallaggio: non importa a nessuno di un accoltellamento tra due neri o di un incendio in cui tutti sono riusciti a mettersi in salvo. Queste notizie non fanno share come un triplice omicidio in un quartiere dell'alta borghesia. 


Lo sciacallo però manca qualcosa per essere più di un buon thriller che si fa seguire dall'inizio alla fine senza difficoltà con un Jack Gyllenhaal mai così viscido (dimagrito di 10 kg per il ruolo che non gli frutterà alcun Oscar). Gli manca un guizzo. Una rampa di lancio. Un finale in linea con il cinismo descritto precedentemente. Peccato. Comunque, ce ne fossero di debutti cinematografici così. 



Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: Nightcrawler
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2014
Durata: 117 min
Generedrammatico, noir, thriller, crimine
Regia: Dan Gilroy
Soggetto: Dan Gilroy
Sceneggiatura: Dan Gilroy
Produttore: Jennifer Fox, Tony Gilroy, Jake Gyllenhaal, David Lancaster, Michel Litvak
Produttore esecutivo: Betsy Danbury, Gary Michael Walters
Casa di produzione: Bold Films
Distribuzione (Italia): Notorious Pictures
Fotografia: Robert Elswit
Montaggio: John Gilroy
Musiche: James Newton Howard
Scenografia: Kevin Kavanaugh
Costumi: Amy Westcott

Interpreti e personaggi:
Jake Gyllenhaal: Lou Bloom
Bill Paxton: Joe Loder
Rene Russo: Nina
Riz Ahmed: Rick
Ann Cusack: Linda
Kevin Rahm: Frank Kruse
Eric Lange: Cameraman
Kathleen York: Jackie

Doppiatori italiani:
Stefano Crescentini: Lou Bloom
Franco Mannella: Joe Loder
Emanuela Rossi: Nina
Francesco Venditti: Rick

Denny B.


lunedì 15 dicembre 2014

Magic in the Moonlight

Magic in the Moonlight


★★★

1928. Sud della Francia. Un famoso illusionista inglese, Stanley Crawford (Colin Firth), conosciuto con il nome d'arte di Wei Ling Soo, viene incaricato da un suo amico e collega di smascherare una sedicente sensitiva, Sophie Baker (Emma Stone), sospettata di voler frodare una ricca famiglia della Costa Azzurra. Fatta la sua conoscenza il raziocinio che ha sempre contraddistinto Stanley comincerà a vacillare.



Dopo il disilluso Blue Jasmine Woody Allen torna, come ogni anno, nelle sale cinematografiche italiane e lo fa con una commedia dolce come un dessert al cucchiaio, riposante e comoda come un gonfio guanciale. Magic in the Moonlight è la commedia romantica di fine anno: andate a rendere omaggio a uno dei registi più instancabili, d'altronde ogni anno ci fa un dono; To Rome with Love era più un calcio dritto negli zebedei, ma sorvoliamo, tra dieci anni forse glielo perdonerò.



Colin Firth è Stanley Crawford, un famoso illusionista, nonché smascheratore di truffatori e sensitivi, cinico, dalle battute sarcastiche e pungenti sempre pronte, e ferreo adepto della ragione e della logica. Una sera viene convinto dal suo collega e amico a partire per il Sud della Francia al fine di smascherare una sedicente medium che sta spennando dei ricchi industriali. Sofie Baker, così si chiama questa giovane sensitiva, è interpretata da Emma Stone (che io conobbi con Suxbad - Tre menti sopra il pelo), una giovane e graziosa ragazza dai grandi occhi che, senza neanche volerlo, ha conquistato il cuore del rampollo della facoltosa famiglia che le canta serenate d'amore accompagnate dallo strimpellamento di un ukulele. Stanley entra nella famiglia sotto mentite spoglie, ma Sofie non ci mette neanche una sera intera a smascherarlo, e dopo avergli riferito fatti e aneddoti che solo Stanley poteva essere a conoscenza, il raziocinante illusionista ("Quello che vedete è quello che c'è") comincia a vacillare e presto crederà al suo potere telepatico oltre a covare nel suo cuore dell'affetto sincero per lei.


Magic in the Moonlight non è nient'altro che un film grazioso. Mentre lo guardate e per un paio d'ore dopo la somministrazione vi farà star bene. "La vita può essere priva di scopo, ma si deve ammettere che non è priva di una certa magia", dice la zia Vanessa. Concordo pienamente con la prima affermazione, e ammetto, da cinico pessimista ormai disilluso alla veneranda età di ventun anni, che la vita, nella sua crudeltà, non è del tutto spoglia di magia e poesia che ce la fanno quantomeno sopportare, come se fosse un'autoritaria matrigna che sulla veranda, mentre il sole sparisce dietro la chioma degli alberi, ci appare in una luce diversa, quasi divina. La magia di cui ci cibiamo è anche e soprattutto quella del cinema, quindi buon appetito a tutti.


Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):


Titolo originale: Magic in the Moonlight
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2014
Durata: 97 min
Generecommedia, drammatico, sentimentale
Regia: Woody Allen
Soggetto: Woody Allen
Sceneggiatura: Woody Allen
Produttore: Letty Aronson, Stephen Tenenbaum, Edward Walson
Produttore esecutivo: Ron Chez
Casa di produzione: Perdido Productions
Distribuzione (Italia) : Warner Bros.
Fotografia: Darius Khondji
Montaggio: Alisa Lepselter
Scenografia: Anne Seibel
Costumi: Sonia Grande
Trucco: Marie-christine Carpentier, Catherine Ichou, Aurélie Rameau

Interpreti e personaggi:
Emma Stone: Sophie Baker
Colin Firth: Stanley Crawford
Marcia Gay Harden: Signora Baker
Jacki Weaver: Grace
Hamish Linklater: Brice
Eileen Atkins: Zia Vanessa
Erica Leerhsen: Caroline
Simon McBurney: Howard Burkan
Antonia Clarke: Assistente di Wei Ling Soo
Natasha Andrews: Assistente di Wei Ling Soo
Valérie Beaulieu: Assistente di Wei Ling Soo

Doppiatori italiani:
Domitilla D'Amico: Sophie Baker
Stefano Benassi: Stanley Crawford
Cristiana Lionello: Signora Baker
Lorenza Biella: Grace
Nanni Baldini: Brice
Marzia Ubaldi: Zia Vanessa
Franco Mannella: Howard Burkan

Denny B.


giovedì 11 dicembre 2014

BAD GIRLS: SPRING BREAKERS - UNA VACANZA DA SBALLO

Spring Breakers - Una vacanza da sballo

½

Quattro giovani studentesse di un college, Brit (Ashley Benson), Candy (Vanessa Hudgens), Cotty (Rachel Korine) e Faith (Selena Gomez), decidono di finanziare la loro fuga per lo "Spring Break", vacanze primaverili, derubando un fast food con pistole caricate ad acqua. Raccolti i soldi partono per la Florida dove la parola d'ordine è sballo. Ma durante una festa vi è l'incursione della polizia che arrestano diverse persone tra cui le quattro ragazze per possesso di droghe. Inaspettatamente la loro cauzione viene pagata da Alien (James Franco), un gangster del luogo che le prende sotto la sua protezione. Vivranno uno "Spring Break" indimenticabile.


Se fossi andato in autostrada a piantare patate, cavolfiori e carote forse avrebbe avuto più senso del guardare una mattina fredda di inizio settembre uno dei film più controversi degli ultimi due anni, che ho volutamente ignorato quando uscì nelle sale per via del cast inqualificabile per qualsivoglia amante del cinema e di quella rara arte della recitazione che sta via via sbiadendo come un disegno su un foglio lasciato fuori sotto la pioggia. Come avrete già letto dal titolo il film in questione è Spring Breakers - Una vacanza da sballo scritto e diretto da Harmony Korine.


Per chi non avesse molta dimestichezza con le abitudini a stelle e strisce lo Spring Break (che si svolge anche in Canada, Francia e Giappone) è una settimana di vacanza in cui gli studenti si recano nelle maggiori mete di turismo per sballarsi alla grande. La meta preferita dagli studenti americani è la città di Miami in Florida dove le quattro protagoniste del film si recano dopo aver svaligiato un fast food per via della loro mancanza di denaro. Semplice no? Non avete i soldi per andare in vacanza? Evitate di chiedere i soldi a mamma e papà, e dimostrate di essere indipendenti (e irresponsabili), derubando il ristorante o bazar sotto casa, è assurdo che non ci arriviate da soli, e su dai. 


I personaggi di Spring Breakers sono involucri di carne rigorosamente in bella mostra e inquadrata dalla camera a mano di Korine. Le ragazze non fanno altro che innaffiarsi la gola e il corpo di alcol, fumare crack, mimare atti sessuali con ghiaccioli e colli di bottiglia di birra, toccarsi e strusciarsi a vicenda, dimenare lingue, pettorali appuntiti e lati b. E guardarsi My Little Pony. Partecipano allo Spring Break per allontanarsi dalle persone che fanno e vedono sempre le stesse cose tutti i giorni, vanno a Miami per trovare se stessi, e magari chissà capita che mettano la testa a posto (se mai ne hanno una). Le loro frasi sono "Questi soldi me la fanno bagnare", "Vorrei restare qui per sempre" e  "Me ne voglio tornare a casa", quest'ultima condivisa dal sottoscritto mentre lo visionavo, pur trovandomi già a casa. Al college vanno solo per scaldare i banchi, tanto che durante le lezioni, guarda che novità, mimano ulteriori atti sessuali con un pene disegnato su un foglio. Povero mondo.


Harmony Korine dirige la maggior parte del film mediante l'uso della camera a mano cercando di imitare i voli pindarici di Terrence Malick e inserendo voci fuori campo, ripetizioni (quattro volte lo stesso dialogo e ripeto quattro volte) e pezzi che si svolgeranno in futuro, ottiene un risultato tanto estraniante quanto votato alla bruttezza di fondo. Il regista indugia sul corpo nudo delle protagoniste anche quando non ce n'è davvero bisogno: in un frame inquadra le tre ragazze in piscina, con testa e spalle sopra la superficie, e per due secondi la camera va in profondità per inquadrare i loro fisici in bikini, come se ci volesse ricordare che dal collo in giù hanno un corpo anche se esso è immerso momentaneamente nell'acqua. 


Spring Breakers - Una vacanza da sballo vuole ispirare fastidio in chi lo guarda e in questo ci riesce alla perfezione con un cast all'insegna dell'incapacità attoriale (James Franco discreto) che è un insulto vivente a tutti gli attori viventi e dormienti, una colonna sonora che spazia tra i generi (insopportabili) e una fotografia dai toni accesissimi, a tratti fosforescenti, quasi estrema, che è l'unico elemento degno del film assieme alla scena in cui Alien suona al pianoforte Everytime di Britney Spears definendola "una delle migliori cantanti di sempre e un angelo caduto sulla terra" (e ci sono davvero migliaia di persone che lo pensano e lo affermano con sicurezza).


Spring Breakers ha la pretesa di essere un ritratto generazionale - Korine vuole instillare nel pubblico pietà per queste scalmanate ammiccanti irresponsabili perennemente in bikini, ma neanche in un'altra era geologica - quando invece è un irritante e volgare videoclip musicale di un'ora e mezza. 

Ecco gli altri blog, oltre al mio, che hanno partecipato alla settimana del Bad Girls voluta e organizzata da Arwen Lynch del blog La fabbrica dei sogni:


Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: Spring Breakers
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: USA
Anno: 2013
Durata: 94 min
Generecommedia nera, drammatico
Regia: Harmony Korine
Soggetto: Harmony Korine
Sceneggiatura: Harmony Korine
Produttore: Chris Hanley, Jordan Gertner, Charles-Marie Anthonioz, David Zander
Produttore esecutivo: Miles Levy, Aeysha Walsh, Agnès B., Vikram Chatwal, Chris Contogouris, Megan Ellison, Ted Field, Jane Holzer, Vince Jolivette, Stella Schnabel, Fernando Sulichin, Wicks Walker
Casa di produzione: Kinology, Muse Productions, Radar Pictures, O' Salvation, Iconoclast, Division Films
Distribuzione (Italia) : BiM Distribuzione
Fotografia: Benoît Debie
Montaggio: Douglas Crise
Musiche: Skrillex, Cliff Martinez
Scenografia: Elliott Hostetter
Costumi: Heidi Bivens

Interpreti e personaggi:
James Franco: Alien
Vanessa Hudgens: Candy
Selena Gomez: Faith
Ashley Benson: Brit
Heather Morris: Bess
Rachel Korine: Cotty
Gucci Mane: Archie

Doppiatori italiani:
Simone D'Andrea: Alien
Letizia Ciampa: Candy
Gaia Bolognesi: Faith
Veronica Puccio: Brit
Giorgia Brasini: Cotty
Paolo Vivio: Archie

Denny B.