giovedì 31 luglio 2014

MARIO BAVA DAY: LA RAGAZZA CHE SAPEVA TROPPO

La ragazza che sapeva troppo

★★★

Nora Davis (Leticia Roman) è una ragazza americana che si reca in Italia, Roma per la precisione, per trascorrere una vacanza, ma il suo arrivo non è dei più normali: il vicino di posto in aereo con cui ha avuto una breve conversazione viene arrestato per traffico di droga. Purtroppo è solo l'inizio, infatti durante la notte l'anziana signora che la ospita ha un malore fatale e Nora, correndo in cerca d'aiuto a Trinità dei Monti, viene derubata, subisce un colpo alla testa e assiste all'omicidio di una donna prima di perdere conoscenza. Nora si risveglia in ospedale dove la prendono per un'ubriaca e pazza, ma per sua fortuna è presente il dottor Marcello Bassi (John Saxon) che in seguito a misteriosi avvenimenti comincerà a credere ai timori e ai dubbi di Nora.


La ragazza che sapeva troppo è un thriller di hitchcockiana memoria nonché primo esempio di giallo all'italiana diretto da Mario Bava, uno dei registi italiani più amati all'estero, più sottovalutati nel Bel Paese, e ammirati da uomini di cinema del calibro di Quentin Tarantino, Tim Burton, John Landis e Roger Corman. Se da una parte mi vergogno di non aver mai esplorato lo straordinario mondo baviano dall'altra sono elettrizzato all'idea di recuperare alcuni titoli della sua vasta filmografia perché la pellicola che ho scelto di recensire ha stimolato il lobo cinefilo che occupa la metà del mio intero emisfero cerebrale. 



Il punto focale del film di Bava è la protagonista: Leticia Roman. L'attrice è di una bellezza da far invidia a Kim Novak. L'immersione nel bianco e nero la fa uscire in superficie come una donna irresistibile, con quegli occhi enormi pare quasi impossibile che non riesca a catturare gli indizi necessari alla risoluzione del mistero di cui è inconsciamente una vittima. L'inquietante sequenza della morte improvvisa della signora che la ospitava è costruita in maniera magistrale: la casa cade nel buio, il volto della signora illuminato dai lampi del tuono, il gatto sulla mensola che inarca la schiena, il bicchiere che s'infrange sul pavimento, il gioco di ombre e luci e il letto che stranamente si muove salvo essere il gatto che con le zampe tenta di scuotere il corpo ormai senza vita della padrona. 



Ma subito dopo questa sequenza c'è quella in cui Nora, in una Trinità dei Monti deserta, assiste a un omicidio prima di cadere a terra priva di sensi. Dato che raccontare tutta la trama di un film giallo è considerato un reato perseguibile per legge (almeno per me) mi limiterò a dirvi La ragazza che sapeva troppo si potrebbe vedere solo per godere di un bianco e nero favoloso. Penso che neanche Nebraska (del 2014) abbia un tale bianco e nero. Mario Bava, che era un vero e proprio factotum, in questo film risalta i momenti di tensione e di suspense non col nero, bensì col bianco, con la luce che illumina un particolare, una maniglia, gli occhi impauriti o una finestra su cui un'ombra passa guardinga oppure Roma, le cui inquadrature notturne, riutilizzate ad esempio da Dario Argento, sono tanto suggestive quanto minacciose.



Ecco gli altri blog, oltre al mio, che partecipano al Mario Bava Day: 

Recensioni Ribelli
Il Bollalmanacco di Cinema
Non c'è paragone
La fabbrica dei sogni
Obsploitation
Montecristo
White Russian

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: La ragazza che sapeva troppo
Paese di produzione: Italia
Anno: 1963
Durata: 92 minuti
Generegiallo, thriller
Regia: Mario Bava
Sceneggiatura: Mario Bava, Enzo Corbucci, Ennio De Concini, Eliana De Sabata, Mino Guerrini, Franco Prosperi
Fotografia: Mario Bava
Montaggio: Mario Serandrei
Musiche: Les Baxter Adriano Celentano Roberto Nicolosi
Scenografia: Giorgio Giovannini

Interpreti e personaggi:
Letícia Román: Nora Davis
John Saxon: dottor Marcello Bassi
Valentina Cortese: Laura Craven-Torrani
Titti Tomaino: ispettore
Luigi Bonos: portiere Albergo Stelletta
Milo Quesada: De Vico/Paccini
Robert Buchanan: dottor Alessi
Marta Melocco: vittima
Gustavo De Nardo: dottor Facchetti
Lucia Modugno: Nurse
Giovanni Di Benedetto: Professor Torrani
Dante DiPaolo: Andrea Landini
Adriana Facchetti: donna nel ristorante
Virginia Doro: portinaia
Jim Dolen: parroco
Dafydd Haward
Tiberio Murgia
John Stacy

Doppiatori italiani:
Gabriella Genta: Nora Davis
Vittorio Congia: dottor Marcello Bassi
Michele Malaspina: Professor Torrani

Denny B.

martedì 29 luglio 2014

Twixt (2011)

Twixt 


★★★

Hall Baltimore (Val Kilmer) è uno scrittore di romanzi horror la cui carriera è in lento declino che durante il tour promozionale del suo ultimo libro giunge in una piccola cittadina della California, Swann Valley, dove lo sceriffo locale Bobby LaGrange (Bruce Dern) gli narra di una serie di omicidi che da anni accadono in paese e gli mostra il cadavere di una ragazza uccisa con un paletto di legno conficcato nel cuore, stesso modus operandi di un serial killer menzionato nei precedenti racconti, e propone ad Hall di scrivere un romanzo insieme dal titolo Esecuzioni di un vampiro. Dapprima riluttante Hall accetta e comincia a indagare per conto suo quando una notte si addentra in un bosco dove fa la conoscenza di una ragazza di dodici anni, Virginia, grande ammiratrice dei suoi libri. La ragazza è reale o è uno spettro?



Quando si parla di un film di Francis Ford Coppola bisogna andare con le dita di piombo. Chiunque deve andarci piano perché il piombo delle mie dita potrebbe lacerare carni e tessuti adiposi oltre a cervelli usati troppo e troppo poco. Francis o conosciuto anche come "Il Vegliardo" è tornato nel 2011 con Twixt, un horror/thriller distribuito in due sale in croce a seguito di una pubblicità quasi inesistente neanche distribuito in dvd (almeno in Italia) e massacrato letteralmente da critica e pubblico. Incompetente la prima e cane il secondo? Scopriamolo. 



Una rauca voce fuori campo ci mostra scorci della piccola cittadina di Swann Valley inquadrati senza un'imprecisione. Nel Chickering Hotel, dove alloggiò il famoso scrittore Edgar Allan Poe, accadde un violento omicidio che la gente si vergogna anche solo a pronunciare. La gente del posto è solitaria tanto che non vedremo nessuno passeggiare lungo i bordi della strada o bere una birra in un bar. L'alta torre dell'orologio è dotata di diversi quadranti di cui nessuno segna l'ora esatta. Hall Baltimore entra in paese perché è una tappa del tour promozionale per il suo ultimo libro di stregoneria. In una ferramenta (la libreria non c'è), dietro un tavolo scalcagnato pieno di libri che rimarranno invenduti, fa la conoscenza dello sceriffo Bobby LaGrange, un vecchio claudicante che asfissia lo scrittore chiedendogli di leggere le proprie storie dell'orrore fino a mostrargli all'obitorio il cadavere di una giovane ragazza uccisa con un paletto nel cuore. Una vampira? 



Se la materia vampirica viene toccata da Coppola siamo protetti da una eventuale trashata, d'altronde il suo Dracula è uno dei migliori film sui vampiri. Ma siamo fuori strada: Twixt non è un film horror nella classica accezione del termine. Non ispira paura né vuole ispirarne. Si limita a narrare il dramma di un uomo che ha perso sua figlia in un incidente in barca (avvenimento accaduto realmente nella vita del regista con il suo primogenito) immergendolo in una fotografia in B/N in contrasto quasi azzurrognolo così da risaltare la luce (quella del lume di Edgar Allan Poe) e i colori (il rosso del sangue e il bianco virgineo della pelle dei bambini) dando il senso di star assistendo a un racconto come spettatore interessato però soltanto alla fine. La fine del romanzo di Hall. O del suo tormento interiore. Chi ha ucciso la ragazza?


Coppola ha ancora voglia di sperimentare e questo è tutto di guadagnato. Non si siede sopra i numerosi premi vinti grazie a capolavori intramontabili, ma prova inquadrature, gioca con la fotografia, e torna con un film intimo, stilisticamente glaciale, che non sarà riuscitissimo, ma che dal mio modesto modo di vedere fa sorgere un pensiero: un regista quale Francis Ford Coppola non riposa inattivo in un eremo ed è ancora uno dei tre grandi registi (assieme a Scorsese e De Palma) che è in grado, in qualsiasi momento, di regalarsi e regalarci l'ennesimo capolavoro. Quindi occhio alla coppola.

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: Twixt
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2011
Durata: 90 min
Genereorrore, thriller
Regia: Francis Ford Coppola
Soggetto: Francis Ford Coppola
Sceneggiatura: Francis Ford Coppola
Produttore: Francis Ford Coppola
Produttore esecutivo: Anahid Nazarian, Fred Roos
Casa di produzione: American Zoetrope
Distribuzione (Italia): Movies Inspired
Fotografia: Mihai Malaimare Jr.
Montaggio: Kevin Bailey, Glen Scantlebury, Robert Schafer
Musiche: Dan Deacon, Osvaldo Golijov
Scenografia: Jimmy DiMarcellis
Costumi: Marjorie Bowers

Interpreti e personaggi:
Val Kilmer: Hall Baltimore
Bruce Dern: Bobby LaGrange
Ben Chaplin: Edgar Allan Poe
Elle Fanning: V
Joanne Whalley: Denise
David Paymer: Sam Malkin
Alden Ehrenreich: Flamingo
Anthony Fusco: pastore Allan Floyd
Don Novello: Melvin
Ryan Simpkins: Carolyne
Lucas Rice Jordan: P.J.
Bruce A. Miroglio: agente Arbus

Doppiatori originali:

Tom Waits: narratore

Denny B.

venerdì 25 luglio 2014

CINERICHIESTA: Educazione siberiana

Educazione siberiana


★★

In un villaggio in Transnistria (Moldavia Orientale) il giovane Kolima (Arnas Federavicius) assieme al suo migliore amico Gagarin (Vilius Tumalavicius) cresce sotto l'attenta supervisione del nonno, capo della comunità siberiana, che li educa secondo rigide regole. Apprendono inoltre l'importanza dei tatuaggi, il rispetto nei confronti dei deboli e il disprezzo per la polizia, i banchieri, spacciatori e usurai. Tutto procede in maniera tranquilla fino a quando, durante un furto organizzato, Gagarin viene catturato e condannato a sette anni di reclusione. Quando esce di galera è cambiato, più ambizioso e violento; intenzionato a fare fortuna.


Non credevo che mi sarei divertito tanto, e in un'occasione anche schifato, mannaggia, a essere volutamente costretto a guardare e recensire qualsiasi film mi venisse proposto. Potevate davvero sbizzarrirvi con titoli ignobili, polpettoni soporiferi o concentrati di paura (sapendo quanto io sia fifone) invece la bontà ha contraddistinto due (su tre) di voi, per mia fortuna, lo ammetto.  La terza e ultima (forse, chi lo sa?) Cinerichiesta del 2014 - iniziativa che voglio riproporre annualmente - riguarda Educazione siberiana, film propostomi da Manuela Bonci del blog Il cinemanu



Il regista Gabriele Salvatores (premio Oscar per Mediterraneo) nel suo ultimo film tratto dall'omonimo romanzo di Nicolai Lilin mischia Quei bravi ragazzi e C'era una volta in America e lo fa in maniera maldestra con immagini prive di una forte coesione narrativa e buttate lì sullo schermo come il sacco della spazzatura in un bidone. Gli elementi per farne un gangster-movie russo c'erano; triti e ritriti, d'accordo, ma c'erano. In più Salvatores aveva a disposizione John Malkovich e avrei gradito vederlo accendersi d'ispirazione invece di limitarsi a far volare due colombe e a fare il verso del lupo di fronte al nipote dopo una delle tante fiacche lezioncine di vita del tipo "La fame viene e scompare, ma la dignità una volta persa non torna mai più". Frase, tra l'altro, che si sposa benissimo con diversi cineasti moderni.



Educazione siberiana è un mediocre film di formazione. Kolima cresce sotto gli occhi del nonno e impara ad odiare una determinata categoria di persone, che i soldi sono sporchi ed è proibito tenerne dentro casa, che bisogna proteggere i cosiddetti "voluti da Dio" (i malati di mente) e cresce all'interno della comunità siberiana come... come cosa? Beh, come un ragazzo che esce cogli amici, ruba degli oggetti da un negozio, redarguisce il suo amico Gagarin quando picchia "Lo zoppo" che non voleva pagare un servizio (e lo deruba del giusto dimostrando onestà) e poi accoltella allegramente alcuni membri di un'altra gang ritrovandosi ferito e a letto a casa del medico dove conosce Xenya, la rincoglionita; come membro dell'umanità opportunista vorrei andare in Paradiso e non essere giudicato come un disumano insensibile quindi mi correggo: Xenya è una "voluta da Dio". Se sia bipolare o autistica non si sa e neanche ce ne importa molto d'altronde qualsiasi personaggio poteva improvvisamente decidere di buttarsi nel fiume in piena e non avrei battuto ciglio. 



Se una sorta di empatia nei confronti dei personaggi (interpretati da attori che non vorrei più rivedere di cui si salvano solo John Malkovich e Eleanor Tomlinson) ci è preclusa dal modo stantio in cui sono stati scritti (colpa da attribuire allo sceneggiatore? o direttamente al romanziere?) la narrazione non viene in nostro soccorso perché a luci spente e totalmente confusa. Nel finale invece di venire travolti da un'emozione o da un qualsiasi stato d'animo si rimane con un punto di domanda sul capo e il dubbio che abbiano sbagliato a montare le scene. Ci voleva tanto a utilizzare dei flashback precisi? O una narrazione chiara indietro nel tempo? Possibile che io abbia scoperto solo alla fine che il soldato è Kolima? No, non sono ritardato; è Salvatores che ha toppato. Un'ultima nota: se proteggere i "voluti da Dio" è, come dice il nonno, un'importante missione per ricevere l'amore di Dio allora perché alle parole di Kolima "Se mi cerca Xenya io non ci sono, e anche ci fossi non ci sono lo stesso" invece di redarguirlo con una delle sue solite lezioni di vita decide di alzare le spalle con fare menefreghista? 

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):


Titolo originale: Educazione siberiana
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Italia
Anno: 2013
Durata: 110 min
Generedrammatico, crimine
Regia: Gabriele Salvatores
Soggetto: Nicolai Lilin
Sceneggiatura: Gabriele Salvatores, Stefano Rulli, Sandro Petraglia
Produttore: Marco Chimenz, Gina Gardini, Piergiuseppe Serra, Giovanni Stabilini, Riccardo Tozzi
Produttore esecutivo: Matteo De Laurentiis
Casa di produzione: Cattleya, Universal Pictures, Relavity Media
Distribuzione (Italia): 01 Distribution
Fotografia: Italo Petriccione
Montaggio: Massimo Fiocchi
Scenografia: Rita Rabassini
Costumi: Patrizia Chericoni

Interpreti e personaggi:
John Malkovich: nonno Kuzja
Arnas Fedaravicius: Kolima
Vilius Tumalavicius: Gagarin
Peter Stormare: Ink
Eleanor Tomlinson: Xenja
Jonas Trukanas: Mel
Vitalji Porsnev: Vitalic
Andrius Paulavicius: Capitano di Kolima

Doppiatori italiani:
Andrea Tidona: nonno Kuzja
Emiliano Coltorti: Kolima
Andrea Mete: Gagarin
Cristiana Capotondi: Xenja
Gaetano Varcasia: Ink
Paolo Vivio: Mel
Alessio Puccio: Vitalic

Gerolamo Alchieri: Capitano di Kolima

Denny B.

mercoledì 23 luglio 2014

CINERICHIESTA: A Serbian Film

A Serbian Film

Milos è un ex porno attore ormai in pensione, con una famiglia (la bellissima moglie Marija e il figlioletto Petar) e un problema di liquidità, che riprende i contatti con l'ex collega Lejla che gli propone di tornare a recitare in un film porno altamente retribuito con il regista Vukmir. Dapprima riluttante Milos firma il contratto non sapendo nulla del film, ma solo che l'opera sarà assolutamente reale. Ben presto si accorge che il film è più violento di quanto possa sopportare e decide di abbandonare il film, ma non è così facile come sembra.



Prima di lasciar correr le dita infervorate sulla tastiera ci tengo a ringraziare dal profondo del mio cuore il caro collega e amico (ora non più così tanto amico) Jean Jacques di Recensioni Ribelli che alla Cinerichiesta ha risposto con un simpatico A Serbian Film. Dal titolo non sembrava un horror, cosa che ha tranquillizzato i miei nervi, ma soprattutto il mio sonno prezioso; pensavo a un polpettone in costume o a un road movie sottotitolato in cecoslovacco. Invece no, niente di tutto questo: solo il film che mi ha fatto rimpiangere Nymphomaniac.


A Serbian Film è uno dei film più squallidi, raccapriccianti, con una morale di fondo coincidente alle fognature più basse, che io abbia mai avuto la sfortuna di vedere. Anzi, mi permetto una correzione: non è un film, ma una sequela ben diretta e montata di immagini pornografiche di estrema violenza e scelleratezza che non forniscono alcuna riflessione o spiegazione o illuminazione su alcun argomento quantomeno accettabile e comprensibile. Non ho percepito una compiaciuta erezione da parte del regista durante A Serbian Film, ma l'intenzione studiata di offendere qualsiasi spettatore che abbia un minimo di coscienza e senso critico; lo stesso spettatore che dopo la visione di quest'abominio proverà l'impulso irrefrenabile di sputare in faccia all'uomo che ha defecato tale zozzeria.



E pensare che sul piano meramente registico non posso attaccarlo pesantemente. Mi aspettavo un campo contro campo dietro l'altro e traballamenti di camera a mano, invece tale Srđan Spasojević riesce a spuntarla con un'inaspettata capacità; almeno da questo lato (che gli ha fatto guadagnare una mezza stella in più per un totale di una). Perché ciò che più mi delude è il fatto che fino a un certo punto ero sicuro di star vedendo un film interessante: è intrigante l'atmosfera dell'orfanotrofio; la giovane ragazzina seduta sconsolata sulle scale presa e strattonata da una donna davanti a un Milos che guarda atterrito la scena ripresa con le telecamere da due uomini. 



Tuttavia non è questa la scena che ha posto la mia attenzione al di sopra della normale linea del guardare: Milos mentre riceve una fellatio in una stanza buia e spoglia vede di fronte a sé le immagini della giovane ragazzina che si trucca e si mangia il gelato. E' esattamente in questo zona che il regista doveva marciare con la stessa convinzione e dedizione che invece ha impiegato nelle squallide sequenze di pornografia estrema. E' qui che doveva porre l'attenzione ed esporre l'idea che forse l'uomo di natura è un potenziale pedofilo e che messo davanti a un'immagine innocente di una ragazzina che mangia un gelato egli vedrà nonostante tutto della malizia che in realtà non c'è invece di offrire disgusto gratuito con scene di violenza, necrofilia, stupro con annesso omicidio a colpi di machete, fino ad arrivare al punto più squallido e illegale dell'intera cinematografia, ovvero il pornoneonatale di cui non vorrei sprecare nemmeno una riga. Mi pare ulteriormente avvilente tormentare le mie dita continuando a scrivere di A Serbian Film. Un'ultima cosa, però: se i "critici" hanno uno scopo credo sia quello di consigliare la visione dei film meritevoli e come in questo caso sconsigliarla altamente. Ed è quello che sto facendo.

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia): 

Titolo originale: Српски филм (Srpski Film)
Lingua originale: serbo
Paese di produzione: Serbia
Anno: 2010
Durata: 110 min.
GenereHorror, thriller, drammatico
Regia: Srđan Spasojević
Soggetto: Srđan Spasojević
Sceneggiatura: Srđan Spasojević, Aleksandar Radivojević
Produttore: Srđan Spasojević
Produttore esecutivo: Dragoljub Vojnov

Interpreti e personaggi:
Srđan Todorović: Miloš
Sergej Trifunović: Vukmir
Jelena Gavrilovic: Marija
Katarina Zutic: Lejla
Slobodan Beštić: Marko
Ana Sakic: Mamma di Jeca
Lena Bogdanovic: Doktorka
Luka Mijatovic: Stefan
Andjela Nenadovic: Jeca
Matt Leblanc: Cuvar 1
Carni Djeric: Cuvar 2
Miodrag Krcmarik: Raša
Lidija Pletl: Nonna di Jeca
Tanja Divnic: Vaspitacica
Marina Savic: Prostituta
Natasa Miljus: Porodilja

Denny B.




lunedì 21 luglio 2014

CINERICHIESTA: I duellanti (1977)

I duellanti

★★★★

Nell'anno in cui Napoleone Bonaparte prende il potere in Francia, il tenente Armand D'Hubert (Keith Carradine) è incaricato di comunicare al tenente Gabriel Féraud (Harvey Keitel) lo stato d'arresto a seguito di un duello con il nipote del sindaco di Strasburgo. Col pretesto di averlo disturbato durante un incontro con una dama del luogo Féraud sfida a duello D'Hubert venendo però ferito a un braccio. A causa del sopraggiungere di una guerra la commissione d'inchiesta avviata dal generale non verrà mai effettuata, e D'Hubert riceve un consiglio dal suo amico Joaquin per evitare di duellare nuovamente contro Féraud: tenersi alla larga da lui, fare più carriera di lui e avere fede in Bonaparte. Ma negli anni successivi i duellanti si rincontreranno sfidandosi ogni qualvolta si presenterà l'occasione.


Come potete notare dal titolo questa è la prima Cinerichiesta dell'anno, una piccola idea che vorrei riproporre annualmente oppure quando la predisposizione ai consigli è più verde e fiorente che mai, che ho soddisfatto per la gioia di chi me l'ha proposta: Franco Battaglia di POSTODIBLOGGO; che voglio ringraziare perché molto probabilmente avrei continuato a ignorare questo titolo fino a quando l'insulto urlato di un cinefilo più colto di me non mi avesse ferito i timpani. 



I duellanti è il primo film di Ridley Scott - regista di pellicole di culto quali Alien, Blade Runner, Il gladiatore, Thelma e Louise o del bellissimo American Gangster - che si aggiudicò il premio speciale della critica al Festival di Cannes quando presiedeva Roberto Rossellini (tanto per ricordare quanto i nostri grandi registi capiscano il talento di giovani e non ancora totalmente affermati colleghi, basti pensare anche a Bernardo Bertolucci che fu decisivo per l'assegnazione della Palma d'oro a Cuore selvaggio di David Lynch). Ciò che ho notato in questo film è l'attenzione particolare ai dettagli che ha avuto il regista nei confronti delle scene (che diventerà maniacale in Blade Runner), ispirate, a detta di Ridley Scott, a Barry Lindon. Quella che più mi viene in mente ritrae un uomo in una stanza seduto con la schiena sul letto, un flauto in una mano e uno spartito sul viso. Accanto a quest'ultimo un tavolinetto con delle pere in un vassoio e alcuni libri. Scommetto che i fogli sparsi sul pavimento, come tutto il resto della scenografia, sia stato posizionato dal regista stesso. Attenzione, eleganza, caparbietà fanno sì che questo film sia uno dei migliori esordi cinematografici di sempre. 


Protagonisti de I duellanti sono Armand D'Hubert e Gabriel Féraud, due tenenti dell'esercito di Napoleone Bonaparte, la cui disputa infinita sorge un po' per mancanza di tatto del primo (si reca in un salotto dove Féraud è ospite per ricordargli lo stato d'arresto) e un po' a causa della caparbietà del secondo, che vede nel duello l'unico modo possibile per risolvere un malinteso, una mancanza di rispetto o un oltraggio. Il loro primo duello si risolve con una ferita al braccio di Féraud e un graffio sulla guancia di D'Hubert. Quest'ultimo conviene col suo amico medico che Féraud non si fermerà fino a quando non l'avrà ucciso. Seguono altri tre duelli, che non si concludono mai con la sconfitta definitiva dell'uno o dell'altro. 



I due fanno carriera fino a raggiungere entrambi il grado di generale, Napoleone viene sconfitto a Waterloo e condannato all'esilio, e D'Hubert è ormai un vecchio soldato claudicante che accetta, su insistenza della sorella, di conoscere e sposare una giovane ragazza di nobili origini. La storia l'abbiamo studiata tutti a scuola: Napoleone tenta di rimettere in piedi un esercito al fine di riappropriarsi del trono - nel film un colonnello propone a D'Hubert, che rifiuta, di comandare un'armata -, ma viene definitivamente battuto ed esiliato a Sant'Elena dove vi morirà. Il generale Féraud, fedele all'imperatore fino alla fine, viene arrestato in attesa di essere giustiziato. Se non avete mai visto il film, vi consiglio di non leggere oltre.


D'Hubert, spinto da una sorta di lealtà militare o da umana pietà, fa sì che Féraud non venga più condotto alla ghigliottina, con la speranza che si rifaccia una vita in provincia. Ma il fedele servitore di Napoleone non ha dimenticato il loro duello mai conclusosi. Il duello finale, di per sé, non è il punto più elevato del film, ma è l'esito inaspettato ad esserlo: D'Hubert mette fine alla loro lunga faida risparmiando la vita a Féraud; attenendosi al codice cavalleresco d'ora in poi la sua vita gli appartiene e per tanto lo dichiara morto. Féraud non potrà più avere alcun tipo di rapporto con D'Hubert. Peggio della morte vi è solo l'esilio dalla vita di qualcuno che pur in maniera insolita rappresentava qualcosa d'importante: una sfida continua cerebrale e muscolare. Féraud, ormai sconfitto, raggiunge un'altura e contempla la campagna con gli occhi rugosi e ancora ribollenti mentre il sole, sorgendo da una nuvola, sguaina una spada di luce che lo trafigge. 

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia): 


Titolo originale: The Duellists
Paese di produzione: Regno Unito
Anno: 1977
Durata: 100 min
Generedrammatico
Regia: Ridley Scott
Soggetto: Joseph Conrad
Sceneggiatura: Gerald Vaughan-Hughes
Produttore: Ivor Powell, David Puttnam
Fotografia: Frank Tidy
Montaggio: Pamela Power
Effetti speciali: John Burgess
Musiche: Howard Blake
Scenografia: Peter J. Hampton
Costumi: Tom Rand
Trucco: Susan Barradell

Interpreti e personaggi:
Keith Carradine: Armand D'Hubert
Harvey Keitel: Gabriel Feraud
Albert Finney: Joseph Fouché
Edward Fox: Colonnello
Cristina Raines: Adele de Valmassic
Robert Stephens: Generale Treillard
Tom Conti: Dott. Joaquin
John McEnery: Cavaliere
Diana Quick: Laura
Alun Armstrong: Lacourbe
Maurice Colbourne: Tall Second
Gay Hamilton: Maid
Meg Wynn Owen: Léonie D'Hubert
Jenny Runacre: Madame de Lionne
Alan Webb: Cavaliere
Arthur Dignam: Capitano
William Morgan Sheppard: Maestro d'armi
Pete Postlethwaite: Barbiere
Liz Smith: Cartomante

Doppiatori italiani:
Dario Penne: D'Hubert
Antonio Colonnello: Feraud

Denny B.

venerdì 18 luglio 2014

Halloween - La notte delle streghe

Halloween - La notte delle streghe

★★★★

1963. Haddonfield, Illinois. Durante la notte di Halloween Michael Myers uccide la sorella diciassettenne Judith con un coltello da cucina. Il 30 ottobre 1978, mentre sta per essere trasferito dal Manicomio di Smith's Grove, Myers fugge a bordo di un'auto. Il dottor Sam Loomis (Donald Pleasence), lo psichiatra che lo ha in cura, intuisce immediatamente che la destinazione del fuggiasco è la sua città natale: Haddonfield.
Raggiunta la città Myers incomincia a seguire la giovane Laurie Strode (Jamie Lee Curtis) mentre con le amiche Annie (Nancy Loomis) e Lynda (P. J. Soles) tornano a casa da scuola. Quella sera, la notte di Halloween, Laurie e Annie fanno da babysitter a due bambini ignare del pericolo armato di coltello che si cela in ogni angolo del quartiere.



Me lo ricorderò per tutta la vita. Non scherzo. Ho segnato sul calendario la data in cui ho visto volutamente per la prima volta nella mia vita questo capolavoro del genere horror-thriller. Fino a quel momento gli unici film del genere passati sotto i miei occhi, tutti visti rigorosamente in compagnia e ai tempi delle medie, sono stati The Ring, Le colline hanno gli occhi, Fragile e 1408 che, neanche a dirlo, hanno compromesso il mio sonno di pietra. Dopo Halloween di John Carpenter ho finalmente compreso una cosa: l'emozione che provavo vedendo i titoli sopra citati non era la paura, ma il ribrezzo, lo schifo, il sempre caro "Bleah!". Con questa pellicola io ho provato la paura e vi dirò di più: nell'averla ho persino trovato il tempo di divertirmi. 



Halloween - La notte delle streghe è uno straordinario thriller spietato e inarrestabile. Solo un altro film è costruito con questa tecnica precisa dell'ansia perenne data dai movimenti di macchina, dal montaggio, dalla colonna sonora (indimenticabile nonché ispiratasi al tema principale di Profondo Rosso) e dallo shock improvviso provocato ogni volta che Myers fa capolino da una siepe o si nota il suo volto mascherato di bianco riflesso sul vetro di una porta: Psycho di Alfred Hitchcock. E' bastato il piano sequenza in soggettiva iniziale a suggerirmi che Carpenter non mi avrebbe scioccato, spaventato e sorpreso con un semplice "Bubusettete". 



Il regista conosce il meccanismo della paura e lo sfrutta alla perfezione dosando sempre le inquadrature; perfino i numerosi omicidi commessi da Myers sono posati, se si può usare un termine simile. Neanche una goccia di sangue sporca il pavimento. Il coltello è solo uno strumento, un prolungamento del braccio di Myers che strangola le vittime come un bambino farebbe con un fiore assolutamente perfetto attorniato da erbacce. Non sono d'accordo con chi crede che Michael Myers non abbia alcuna parvenza psicologica, che uccida e basta per il semplice gusto di farlo. Trafuga la lapide di sua sorella, la pone alla testa del letto di Annie, e si presenta a Lynda, prima di strangolarla, con un lenzuolo in testa, ricordando il modus operandi della tragica notte del 1963. Michael Myers è l'Ombra della strega. E cosa accade se gli si spara? Diventa l'incarnazione del Male. E il dottor Loomis lo sa molto bene quando si affaccia dalla finestra e non vede più il corpo di Michael disteso sull'erba. La fine di Halloween - La notte delle streghe non è che l'inizio.   

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: Halloween
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1978
Durata: 91 min
Genereorrore, thriller
Regia: John Carpenter
Soggetto: John Carpenter, Debra Hill
Sceneggiatura: John Carpenter, Debra Hill
Produttore: Debra Hill, John Carpenter (non accreditato)
Produttore esecutivo: Moustapha Akkad e Irwin Yablans
Casa di produzione: Compass International Pictures e Falcon International Productions
Distribuzione (Italia): Pic
Fotografia: Dean Cundey
Effetti speciali: Conrad Rothmann
Musiche: John Carpenter
Scenografia: Craig Stearns
Costumi: Beth Rodgers
Trucco: Erica Ueland

Interpreti e personaggi:
Donald Pleasence: Dott. Sam Loomis
Jamie Lee Curtis: Laurie Strode
Nancy Loomis: Annie Brackett
P.J. Soles: Lynda Van Der Klok
Nick Castle: Michael Myers
Charles Cyphers: Sceriffo Leigh Brackett
Kyle Richards: Lindsey Wallace
Brian Andrews: Tommy Doyle
John Michael Graham: Bob Simms, il fidanzato di Lynda
Nancy Stephens: Marion Chambers
Arthur Malet: Custode del cimitero
Mickey Yablans: Richie
Brent Le Page: Lonnie Elamb
Adam Hollander: Keith
Robert Phalen: Dott. Terence Wynn
Tony Moran: Michael Myers (senza maschera)
Will Sandin: Michael Myers (6 anni)
Sandy Johnson: Judith Myers
David Kyle: Fidanzato di Judith
Peter Griffith: Morgan Strode, il padre di Laurie
Jim Windburn: Stunt
Barry Bernardi: Meccanico ucciso (non accreditato)
George O'Hanlon Jr.: Peter Myers (non accreditato)
Darla Rae: Studentessa (non accreditata)
Gwen Van Dam: Infermiera del manicomio (non accreditata)

Doppiatori originali:
John Carpenter: Paul, il fidanzato di Annie
Doppiatori italiani
Gianni Bonagura: Dott. Sam Loomis
Daniela Igliozzi: Laurie Strode
Emanuela Rossi: Annie Brackett
Isabella Pasanisi: Lynda Van Der Klok
Vittorio Di Prima: Sceriffo Leigh Brackett

Angiolina Quinterno: Marion Whittington

Denny B.

lunedì 14 luglio 2014

Hellboy II: The Golden Army

Hellboy II: The Golden Army


★★★★

Natale 1965. Un giovane Hellboy ascolta il racconto del padre, il professor Trevor Bruttenholm, riguardante un'antica guerra tra gli umani e le creature mitologiche. Ai giorni nostri Nuada (Luke Goss), principe e figlio del Re degli Elfi, ha deciso di dichiarare guerra agli umani e riesce a entrare in possesso durante un'asta di un pezzo della corona indispensabile per comandare la Golden Army, un'armata di 4900 soldati indistruttibili. Nel frattempo Hellboy (Ron Perlman) è ai ferri corti con il direttore della BPRD che cerca in tutti i modi di celare la sua esistenza al mondo, ma durante una missione alla casa d'asta in cui si era recato Nuada oltre a eliminare migliaia di fatine coi denti Hellboy finisce per mostrarsi al mondo intero, inoltre Abe (Doug Jones) scopre una dolce verità su Liz (Selma Blair).


Era proprio questo che volevo quando dicevo che era mia intenzione rivedere in azione l'irresistibile detective infernale. Guillermo Del Toro, non più inquadrato da produttori che nel primo film gli avevano posto dei limiti e dei paletti, riesce a esprimere liberamente la sua creatività, divertendosi e facendo divertire il pubblico, ma sopratutto il sottoscritto che è finito per amare alla follia il personaggio nato dalla mente di Mike Mignola. E pensare che Hellboy II: The Golden Army è chiaramente una preparazione per un terzo film che non vedremo mai nella vita infatti pochi giorni fa Guillermo Del Toro ha dichiarato che Hellboy 3 è finanziariamente impossibile da realizzare. Se qualche miliardario mi sta leggendo chiedo gentilmente di non fare il genovese e di elargire qualche soldo a Guillermo così da rendere felice lui e tutti noi, grazie.


Hellboy è tornato. Irresistibile come non mai. Con la battuta pronta, amante dei gatti e dei buoni sigari cubani, e sempre molto pratico. E con problemi di coppia: perché ora è fidanzato con Liz con cui litiga spesso causa spazio ridotto della sua camera da letto e del disordine che ci impera comodamente. Come se non bastasse durante una missione la loro copertura salta e la popolazione americana viene a conoscenza dell'esistenza del detective infernale. Per punizione arriva al Bureau un agente europeo col compito di supervisionare le missioni e controllare Hellboy: il dottor Johann Krauss, uno spirito disincarnato con la capacità di mantenere una forma grazie a una tuta di contenimento. E la creatività di Guillermo Del Toro non si limita a un'ectoplasma, ma continua delineando la figura del troll o della fatina dei denti ed è scioccante e inaspettata la scena nel mercato dei troll quando il dottor Krauss accarezza la testa di un bambino attaccato al petto di un essere dicendogli "Che bel bambino" e sentirsi rispondere dal piccolo stesso "Non sono un bambino, sono un tumore". Mi sono fermato un paio di minuti a riflettere su questo attimo e penso che sia inserito perfettamente tra battute ilari e una componente puramente action. 


Hellboy II: The Golden Army mantiene una coerenza di spirito che è raro in un sequel. Altri registi si sarebbero sbrodolati non riuscendo a mantenere uno standard di divertimento intelligente come fa invece il film di Del Toro. I personaggi sono come li lasci nel primo. Continuano ad avere i loro vizi e le loro virtù senza stravolgimenti impetuosi poiché qui ritrovo gli elementi che mi hanno fatto amare il primo film ulteriormente sviluppati, infatti sono presenti indizi sparsi qua e là di ciò che potrebbe diventare Hellboy: Abe dopo aver indossato le lenti speciali del dottor Krauss vede le corna lunghe di Red con il fuoco al centro. Nuada lo chiama "figlio di Satana" dicendogli che lui è destinato a comandare e non a prendere ordini da una schiera di semplici umani. Emblematica la scena della Morte che profetizza a Liz il destino dell'umanità una volta salvato Hellboy dalla lama di Nuada a pochi centimetri dal cuore. Hellboy, una volta salvato, molto presto sarà la principale causa della distruzione dell'intero pianeta. Il finale di Hellboy II: The Golden Army è molto allegro (deliziosa l'ultima battuta del dottor Krauss, omaggio a Frankenstein Junior), ti lascia col sorriso sulle labbra, ma chi ha buona memoria non scorderà le parole della Morte. 


Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):


Titolo originale: Hellboy II: The Golden Army
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2008
Durata: 119 min
Genereazione, fantastico
Regia: Guillermo del Toro
Soggetto: Mike Mignola
Sceneggiatura: Guillermo del Toro
Produttore: Lawrence Gordon, Lloyd Levin, Mike Richardson, Joe Roth
Produttore esecutivo: Chris Symes
Casa di produzione: Dark Horse Entertainment, Lawrence Gordon Productions, Mid Atlantic Films, Universal Pictures
Fotografia: Guillermo Navarro
Montaggio: Bernat Vilaplana
Effetti speciali: Bjorn Henriksson
Musiche: Danny Elfman
Scenografia: Stephen Scott
Costumi: Sammy Sheldon
Trucco: Dave Bonneywell, Thomas Floutz, Louis Kiss, Bart Mixon, Steve Painter

Interpreti e personaggi:
Ron Perlman: Hellboy "Red"/Anung Un Rama
Selma Blair: Liz Sherman
Doug Jones: Abe Sapien / Angelo della Morte / Ciambellano
John Alexander: Johann Krauss / Goblin
Luke Goss: Principe Nuada
Anna Walton: Principessa Nuala
John Hurt: Trevor 'Broom' Bruttenholm
Jeffrey Tambor: Tom Manning
Brian Steele: Troll / Mr. Wink / venditore di mappe ("Cathedral Head") / Fragglewump
Roy Dotrice: Re Balor
Doppiatori originali
Seth MacFarlane: Johann Kraus
Doug Jones: Abe Sapien

Doppiatori italiani:
Claudio Fattoretto: Hellboy
Monica Bertolotti: Liz Sherman
Enrico Pallini: Abe Sapien / Angelo della Morte / Ciambellano
Francesco Vairano: Johann Krauss
Francesco Prando: Principe Nuada
Valentina Mari: Principessa Nuala
Giorgio Lopez: Trevor 'Broom' Bruttenholm
Gianluca Machelli: Troll
Sandro Iovino: venditore di mappe ("Cathedral Head")

Denny B.

venerdì 11 luglio 2014

Hellboy (2004)

Hellboy


★★★½

Nel 1944 in un'isoletta della Scozia durante la Seconda guerra mondiale i servizi segreti nazisti stanno svolgendo un rito magico chiamato Ragnarok condotto dallo stregone malefico Rasputin (Karel Roden) che con alcuni macchinari apre un misterioso portale per l'aldilà quando un plotone di Alleati li attacca di sorpresa facendo fallire il procedimento. Rasputin viene risucchiato nel portale e il giovane professore Trevor Bruttenholm ritrova un cucciolo di una creatura rossa con le corna e la coda molto simile a un diavolo uscito probabilmente dal portale. Decide di prendersi cura di lui e alla fine della missione i soldati battezzano la creatura con il nome di Hellboy (Ron Perlman) che una volta divenuto adulto lavorerà per il B.P.R.D. (Bureau Paranormal Research Dipartiment). Ma Rasputin risorge determinato a riprendere il rito da dove era stato interrotto.


Quando recensisco cinecomic molti si aspettano che io li stronchi senza pietà per il semplice motivo che non li so apprezzare. Non è vero, a meno che non sia Il cavaliere oscuro - il ritorno: in questo caso apprezzarlo è roba da psicopatici o da ciechi, fate voi. Se poi mi appresto a parlarvi di Hellboy di Guillermo Del Toro, dopo aver parlato male di Pacific Rim, chi mai si aspetterebbe un mio giudizio positivo in merito? Beh, molto probabilmente tutti, poiché basta vedere le stelle che gli ho assegnato. E non c'entra nulla il fatto che oggi sia più propenso alla bontà perché è il mio compleanno.


Hellboy è uno dei cinecomic più divertenti che io abbia mai visto e che ha come protagonista il personaggio creato da Mike Mignola: Hellboy è un misto tra un detective chandleriano e un ghostbuster con pistolone caricato a proiettili speciali. Ed è rosso, ha la coda e un paio di corna che si lima personalmente. Senza contare un braccio molto più massiccio dell'altro. Non è il classico eroe che pretende di salvare il mondo dal crimine. Non picchia i borseggiatori, non salva donne in pericolo (lo fa se è il caso), ma lui si occupa di paranormale. Picchia duro e incassa altrettanto. 


Ciò che me lo ha reso subito un personaggio irresistibile è il fatto che non si prenda troppo sul serio. L'intenzione di Guillermo Del Toro non era di fare un film dai toni plumbei con una sceneggiatura carica di pathos d'identità (tipo "Sono la maschera che porto o sono io che porto una maschera?") bensì un muscoloso deltoide ben piantato in terra; seppur si parli di riti arcani, creature quasi immortali, una donna incendiaria e un uomo anfibio trovato in una cisterna d'acqua il giorno in cui fu assassinato Abramo Lincoln.


Hellboy, detto Red, è un demone, ma prova emozioni umane quali gelosia, rabbia, fame, e bisogno di stare da solo coi propri pensieri. E' bellissimo il momento in cui incontra suo padre e nasconde il sigaro dietro la schiena; per timore che scopra che fumi oppure per semplice vergogna. Ed è ancora più bella la scena sul tetto col bambino che gli da consigli sulle donne. Red infatti è innamorato di Liz (una Selma Blair dagli occhi pesti), un'incendiaria che ha passato molto tempo al Bureau e all'ospedale psichiatrico al fine di imparare a controllare il suo potere distruttivo. Mi piace come risponde Red all'uomo anfibio: "Ti ha toccato per cinque secondi e ha deposto tre uova". "E senza offrirmi da bere". Il film è così: leggero senza essere stupido e colmo di cliché. E poi lo ripeto: è divertente e intrattiene senza offendere l'intelligenza dello spettatore. Ha un solo difetto se si può definire tale: è lineare senza slanci di chissà che tipo. Nascita di Hellboy, presentazione personaggio, arrivo del cattivo che mette in difficoltà l'eroe, questo che sceglie di non contribuire alla distruzione del mondo, sconfitta del cattivo, finale romantico. Non resta davvero nient'altro da fare che godersi il sequel, perché voglio rivedere in azione Hellboy quanto prima.

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia): 

Titolo originale: Hellboy
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 2004
Durata: 117 min. 127 min. (Director's cut)
Generefantasy, azione, fantascienza
Regia: Guillermo del Toro
Soggetto: dal fumetto di Mike Mignola
Sceneggiatura: Guillermo del Toro, Peter Briggs
Casa di produzione: Sony Pictures Entertainment
Distribuzione (Italia): Columbia Pictures
Fotografia: Guillermo Navarro
Montaggio: Peter Amundson
Musiche: Marco Beltrami
Scenografia: Hilton Rosemarin

Interpreti e personaggi:
Ron Perlman: Hellboy "Red"/Anung Un Rama
John Hurt: Trevor "Broom" Bruttenholm
Doug Jones: Abraham "Abe" Sapien
Selma Blair: Elizabeth "Liz" Sherman
Rupert Evans: John Myers
Karel Roden: Grigori Rasputin
Jeffrey Tambor: Tom Manning
Brian Steele: Sammael
Ladislav Beran: Karl Ruprect Kroenen
Biddy Hodson: Ilsa von Haupstein
Corey Johnson: Agente Clay
Kevin Trainor: giovane "Broom"
Brian Caspe: Agente Lime
James Babson: Agente Moss
Stephen Fisher: Agente Quarry
Garth Cooper: Agente Stone
Angus MacInnes: Sergente Whitman
Jim Howick: Capoluogo Matlin

Doppiatori originali:
David Hyde Pierce: Abe Sapiens (non accreditato)
Doppiatori italiani
Claudio Fattoretto: Hellboy
Giorgio Lopez: Trevor "Broom" Bruttenholm
Enrico Pallini: Abraham "Abe" Sapien
Monica Bertolotti: Elizabeth "Liz" Sherman
Emiliano Coltorti: John Myers
Massimo Lodolo: Grigori Rasputin
Angelo Nicotra: Tom Manning
Tiziana Avarista: Ilsa von Haupstein
Roberto Certomà: Agente Clay

Denny B.