★★★
A Federica, senza la quale questa recensione
non comparirebbe così ben limata
"La semplicità è una perversione" dice il protagonista di Youth - La giovinezza Fred Ballinger, interpretato da Michael Caine, un celebre compositore e direttore d'orchestra che si è ritirato in un albergo sulle Alpi svizzere popolato dalla più diversa flora e fauna. E la nuova pellicola di Paolo Sorrentino, riponendo in un cassetto il simbolismo e l'ironia pessimistica del sublime La grande bellezza, con questo suo nuovo lavoro, placido, musicale e suadente, pone l'accento sua tematica universale come la vecchiaia che diventa la nuova giovinezza: una rinascita, una possibilità di vivere ancora anche se non si vede più il futuro così vicino a noi come un tempo.
Sorrentino ha
affermato più volte di non voler più narrare storie bensì di optare per la
focalizzazione sulle emozioni e in Youth - La giovinezza compie esattamente
questo: la trama - Mick, un regista (Harvey Keitel) alle prese con il suo testamento
filmico è amico di Fred, un compositore/direttore
d'orchestra, costretto a rifiutare più volte l'insistenza di un emissario della
regina d'Inghilterra, desiderosa di volerlo a Buckingham Palace - è solo un
canovaccio, un filo che tiene insieme immagini che prese singolarmente hanno
una semplicità disarmante, eppure nell'insieme catturano i più diversi stati
d'animo formando la nostalgica realtà in cui i personaggi stanno immobili,
quasi diffidenti, a guardare i desideri di ognuno dei presenti e a pensare al
futuro. A scommettere se quella coppia a cena si rivolgerà la parola oppure no
e a provare a immergersi in un ruolo impervio come fa Paul Dano o a rinunciare
al cinema per una serie tv come fa l'attrice interpretata da una Jane Fonda
strepitosa; tutti, infine, stanno "sempre
cercando di tornare a casa".
Con la presenza di attori fenomenali, di
fellinismi e citazioni (dal centro termale alla comparsa delle attrici dirette da Mick su un declivio erboso; quel capolavoro di 8 1/2 è ovunque), di una cinepresa onirica riconoscibilissima e di un
direttore della fotografia come Luca Bigazzi in grado di illuminare e di
mettere in risalto ogni volta il punto focale della scena, Youth - La
giovinezza conferma ancora una volta l'enorme talento di quello che è forse il più
grande regista italiano, in grado di fondere immagini e musica con il risultato
più difficile da raggiungere per tutti coloro che impiegano la loro vita a
servizio del cinema: emozionare.
La giovinezza dell'anima, la placida calma
dell'energia sottostante la pelle che invecchia facendosi papiro dei tempi, i
capelli canuti e bianchi come le vette innevate delle montagne attorno l'hotel,
questo e di tanto altro parla il film: nonostante l'anima sia imprigionata in
un vecchio involucro di carne, essa continua a comporre e a dirigere le
prorompenti melodie delle emozioni ovvero "tutto
ciò che abbiamo". Che siano di piacevole arrendevolezza, di rabbia,
stupore, indifferenza, non ha importanza. Che sgorghino dal profondo del cuore,
dal sorriso curvato in un dolce arco, dalla colonna vertebrale o dagli occhi
spalancati non ha importanza. L'importante è che siano sincere e si trascinino
dietro di loro un velo di onestà.
Splendida rece stilisticamente perfetta.Il film un po' meno, imho ;)
RispondiEliminaBellissima recensione!
RispondiEliminaIl film mi ha convinto solo a metà. Ho capito cosa voleva dire il Paoletto, ma per e in certi punti ha vagamente sbracato - e la scena del cannocchiale l'ho trovata davvero stupida.
Bella davvero la recensione. Io ho fatto davvero davvero fatica a comprenderlo questo film, un po' come tutti i film di Sorrentino. Ma mentre gli altri empaticamente mi avevano dato una sensazione positiva (La grande bellezza e This must be the place") questo abbastanza meno.
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