venerdì 31 maggio 2013

CLINT EASTWOOD DAY: GLI SPIETATI

Gli Spietati

★★★★

Sono contento quest'oggi di poter festeggiare con i miei colleghi blogger e tutti gli appassionati della settima arte un grande regista, un (non)grande attore, un grande uomo di Cinema, che proprio oggi compie gli anni: Clint Eastwood.
Quando ho saputo che a maggio, oltre a festeggiare Katharine Hepburn e Helena Bonham Carter, celebravamo anche il Clint Eastwood Day già immaginavo che l'ultimo cowboy della blogosfera - sapete di chi sto parlando, è inutile e un po' demenziale che io gli faccia pubblicità - si sarebbe accaparrato il primo indiscusso capolavoro prodotto, diretto e interpretato da Clint - Gli Spietati -, ma mi sbagliavo. Mai stato più contento di sbagliare. Perché oggi vi parlo io de Gli Spietati, vincitore di quattro premi Oscar, tra cui quello per miglior film nel 1993. 


1880. Big Whiskey, Wyoming. Un giovane cowboy sta scopando con una prostituta in una locanda quando sente delle urla nella stanza vicino, dove un suo amico sfregia il volto di una prostituta perché a detta sua lo stava derubando, ma, secondo la versione di una sua collega, lei stava ridendo per via delle dimensioni del sesso di lui. Lo sceriffo Little Bill Daggett (Gene Hackman), un uomo di legge che usa molto spesso metodi violenti per farla rispettare, impartisce ai due una sanzione: devono consegnare in primavera al proprietario della locanda un paio di cavalli ciascuno, ma le prostitute, non contente della sanzione decisa dallo sceriffo, mettono una taglia di 1000 dollari su i due cowboy. 
Kid Schofield (Jaimz Woolvett), aspirante cacciatore di taglie, si reca da William Munny, un vecchio ex-fuorilegge famoso per la sua spietatezza, che ha cambiato vita dieci anni fa sposandosi con una donna, morta ormai da tre anni di vaiolo, e che ora bada ai due figli e fa l'allevatore di bestiame in un piccolo ranch nel Kansas, e gli chiede di diventare suo socio e di dividersi la taglia sui due cowboy. William ha cambiato vita, non ammazza più cristiani, la mira con la pistola non è più quella di una volta, e salire in groppa al cavallo è diventato difficile, non accetta subito la proposta, salvo decidersi all'ultimo, quando Kid è già lontano che galoppa verso l'orizzonte di sangue. Quei soldi a William farebbero comodo, così prende il necessario, dice a suo figlio di badare alla sorellina, che può uccidere qualche pollo se necessario, sprona il cavallo e parte. Si reca da un suo vecchio amico ed ex-compare, Ned Logan (Morgan Freeman) - anche lui ha cambiato vita, si è messo a fare il contadino, ha sposato un'indiana, - e gli chiede di venire con lui. Ned accetta, partono, raggiungono Kid e lo convincono a spartirsi in tre la taglia, mentre lo sceriffo Little Bill ferma, anche e soprattutto con le maniere forti, qualunque straniero intenzionato a uccidere i due cowboy, che lui ha già condannato.


Gli Spietati è l'ultimo grande film western. E' una lapide in celluloide per la morte del genere. Non poteva non farlo uno che ha recitato quasi metà della sua vita in film western, diretto da uno dei maestri che è Sergio Leone (speciale la dedica di Clint nei titoli di coda A Sergio e Don). Clint Eastwood è riuscito a immagazzinare informazioni, a fare sua la regia e a esprimersi in un'arte che gli è congegniale. Come attore, diciamolo, è espressivo come una noce di cocco, anche Leone diceva che "Clint ha due espressioni: quella con il cappello e quella senza cappello", ma come regista invece è sopraffino: negli ultimi dieci anni circa ha sfornato caldi caldi tre capolavori: Million Dollar Baby, Mystic River e Gran Torino



Gli Spietati è uno di quei film che meritano più visioni per essere apprezzato fino in fondo, questa è solo la mia seconda visione, e la terza sono sicuro che mi regalerà emozioni in più, come me ne ha regalate C'era una volta in America, il capolavoro del cinema ucciso all'epoca dalla distribuzione. Ne Gli Spietati non c'è un vero e proprio cattivo. Lo sono tutti, a loro modo. Munny ripete molto spesso che è un uomo cambiato grazie a sua moglie che l'ha "raddrizzato per bene", ma non si fa problemi a imbracciare nuovamente il fucile e uccidere. Il giovane Kid è solo un ragazzo che dopo aver ucciso il suo primo uomo piange come un bambino intervallando le lacrime con un sorso di whiskey (bellissima questa scena, con Kid seduto ai piedi di un albero, sconvolto, che piange, e pone domande a un Munny, in piedi, che mentre controlla, l'orizzonte gli risponde con frasi dure e vere:
"È una cosa grossa uccidere un uomo: gli levi tutto quello che ha... e tutto quello che sperava di avere"). Ned è forse il più buono di tutti, l'unico che non riesce a premere il grilletto, ma che tradisce la moglie con una prostituta. Anche le prostitute sono spietate nel mettere insieme i soldi da offrire a chiunque avesse ucciso i due cowboy. Pure il biografo passa, come una prostituta, da un pistolero famoso all'altro, raccontando le gesta dell'eroe che più gli fa comodo avere vicino. E Little Bill fa rispettare la legge, la sua, temuto non per la stella appuntata sul petto, ma per le scie di timore e sangue che si portano dietro le sue azioni violente.  E spietato nella sua eleganza e umorismo inglese è il killer Bob "l'inglese" (Richard Harris) umiliato e deriso in pubblico proprio dallo sceriffo. Tutti sono spietati, finiti ammazzati o soli dalla loro stessa essenza spietata, uomini bui e duri in tempi sempre più bui e duri.


C'è un solo buono: Claudia, la moglie di Munny, che non vedremo mai, perché morta. La bontà è morta definitivamente, è bandita da un mondo spietato che non ammette una pistola sfoderata un secondo di troppo.
Buon CED a tutti.


Ps: Gene Hackman è straordinario, ma mi dispiace: il più grande attore in quegli anni (1992-1993) - lo è sempre stato e sempre lo sarà Amen, ma quell'anno in particolare - era Al Pacino (Premio Oscar come miglior attore protagonista 1993) che si meritava anche l'Oscar come miglior attore non protagonista per Glengarry Glen Ross, tradotto schifosamente in italiano con Americani. E lo dico non perché sono di parte: è che evidente, dannazione. Guardatelo quel film, è strepitoso. Poi ha un cast ragazzi: Jack Lemmon, Kevin Spacey, Ed Harris, Alec Baldwin, Alan Arkin e appunto Al Pacino.
Ancora un Buon CED a tutti.

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: Unforgiven
Paese di produzione: Stati Uniti d'America
Anno: 1992
Durata: 131 min
Generewestern
Regia: Clint Eastwood
Soggetto: David Webb Peoples
Sceneggiatura: David Webb Peoples
Produttore: Clint Eastwood
Fotografia: Jack N. Green
Montaggio: Joel Cox
Musiche: Lennie Niehaus, Clint Eastwood, Kyle Eastwood
Scenografia: Henry Bumstead e Janice Blackie-Goodine

Interpreti e personaggi:
Clint Eastwood: William "Will" Munny
Gene Hackman: Little Bill Daggett
Morgan Freeman: Ned Logan
Richard Harris: Bob "l'inglese"
Jaimz Woolvett: Schofield Kid
Saul Rubinek: Beauchamp
Frances Fisher: Strawberry Alice
Anthony James: Skinny Dubois
Anna Thomson: Dalilah Fitzgerald
David Mucci: Quick Mike
Rob Campbell: Davey
Tara Dawn Frederick: Little Sue
Jefferson Mappin: vice sceriffo Fatty Rossiter

Doppiatori italiani:
Michele Kalamera: William "Will" Munny
Giancarlo Padoan: Little Bill Daggett
Goffredo Matassi: Ned Logan
Gianni Musy: Bob "l'inglese"
Fabio Boccanera: Schofield Kid
Massimo Giuliani: Beauchamp
Aurora Cancian: Strawberry Alice
Angelo Nicotra: Skinny Dubois
Anna Cesareni: Dalilah Fitzgerald
Ambrogio Colombo: Quick Mike
Francesco Bulckaen: Davey
Francesca Guadagno: Little Sue
Paolo Lombardi: vice sceriffo Fatty Rossiter

Denny B.  















domenica 26 maggio 2013

HELENA BONHAM CARTER DAY: IL DISCORSO DEL RE

Il discorso del Re

Fonte foto: blog.screenweek.it
Come avete potuto leggere dal titolo del post oggi è l'HELENA BONHAM CARTER DAY, dopo Jack Nicholson e Katharine Hepburn è la volta dell'attrice britannica che con il suo (non)fascino dark maledetto ha saputo far cadere ai suoi piedi il grande regista Tim Burton (che l'ha diretta in diversi film) e che spesso la utilizza come bastone per la vecchiaia visto che prima che gli diano finalmente un Oscar ha tempo di invecchiare, pure quest'anno è rimasto con un pugno di teschi in mano (versione macabra del classico pugno di mosche).

"Guarda qua quanto sono bella. Quando non sto con Tim sembro quasi una donna."
Helena Bonham Carter (un nome un po' più corto no, cari genitori?) è una di quelle attrici sottovalutate. Quando sento il suo nome nei trailer penso subito: "ecco, hanno preso la Carter come tappabuco". L'impressione è quella: c'è un ruolo comico ne Les Misérables, dove i vestiti un po' stracciati e l'imbellettarsi come una regina non è l'essenziale  (infatti cadeva a pezzi, come il mondo di Mengoni), allora glielo diamo a Helena Bonham Carter. Sai c'è il ruolo per la regina rossa in Alice in Wonderland. Che ne dici se glielo diamo a Helena? Chiamala Tim, magari risparmiamo qualcosa visto che è pure la tua compagna. O mamma mia chi ci mettiamo come partner di Johnny Depp in Sweeney Todd - Il diabolico barbiere di Fleet Street? Ma certo, la Carter. Poi ce l'ha pure quel non so che di macabro, di sangue che non scorre libero nelle vene, sì sì sarà perfetta. Ecco: secondo me Helena Bonham Carter è una tappabuco, purtroppo, ma ne Il discorso del Re però il buco glielo fa a tutti gli altri, e si becca bel un paio di recensioni positive e di nomination a premi prestigiosi, tra cui i Golden Globe, gli Oscar e i Bafta (dove ha trionfato portandosi a casa il premio come miglior attrice non protagonista). 

"MA VIEEEENIIIIIII MA DAAAIIIII Denny B. non ci ha massacratIIII!!"
Dopo la morte di Re Giorgo V e la successiva abdicazione del fratello Edoardo VIII sale sul trono il riluttante Albert Frederick Arthur George Windsor: Re Giorgio VI (Colin Firth), che regnò durante la seconda guerra mondiale. Re Giorgio però ha un grave problema: soffre di balbuzie, un handicap che gli impedisce di pronunciare un discorso in pubblico. Così entra in scena il logopedista Lionel Logue (Geoffrey Rush) che, assieme a Elizabeth Bowes-Lyon, la moglie del re, lo aiuterà a risolvere il problema.
Prendi un film biografico, basato sulla vita di un aristocratico inglese, confezionalo per bene, chiamando attori non proprio gli ultimi presi per la strada come Colin Firth, Geoffrey Rush e Helena Bonham Carter, fallo dirigere a un giovane regista  che nessuno ha mai sentito nominare e che ha svolto il suo bel compitino, e avrai un film che farà andare in brodo di giuggiole l'Academy e la critica d'Oltreoceano. Il discorso del re è quel film. Tom Hooper (premiato con l'Oscar) dirige un grande cast in maniera pulita, con un tecnica essenziale (a ridaje Mengoni) e inquadrature frontali da sotto accusa, in una scenografia giocata quasi interamente sugli interni.

"E' sospetto. Molto sospetto. Come mai Denny B. non ha
massacrato il film con l'acidità che lo contraddistingue?
Sarà malato?"
Hooper non ha voluto strafare e ha fatto bene cosa che non ha fatto ne Les Misérables, grande pecca del film è stata appunto la sua regia incerta e inadatta al musical (fosse stato dato in mano a Baz Luhrmann sarebbe stata tutta un'altra cosa). Colin Firth per quanto sia così tremendamente british, così impalato come una vittima di Vlad III di Valacchia (tra reali si capiscono), così insopportabilmente inglese l'Oscar, devo ammetterlo, se l'è meritato (anche se Jeff Brdges ne Il Grinta era meraviglioso). Geoffrey Rush, che non amo particolarmente, l'ho trovato perfetto nella parte del "logopedista" (capirete guardandolo il senso delle virgolette). E poi c'è la festeggiata Helena Bonham Carter che sveste i panni della darkona per mettere quelli più signorili ed eleganti adatti alla moglie di re Giogio VI, tanto che Tim non l'ha riconosciuta subito. E neanche noi. 
Buon HBCD a tutti.


Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: The King's Speech
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Regno Unito, Australia
Anno: 2010
Durata: 114 min
Generebiografico, drammatico
Regia: Tom Hooper
Sceneggiatura: David Seidler
Produttore: Iain Canning, Emile Sherman, Gareth Unwin, Peter Heslop (co-produttore), Simon Egan (co-produttore), Charles Dorfman (produttore associato)
Produttore esecutivo: Geoffrey Rush, Tim Smith, Paul Brett, Mark Foligno, Harvey Weinstein, Bob Weinstein
Casa di produzione: See-Saw Films, Bedlam Productions
Distribuzione (Italia): Eagle Pictures
Fotografia: Danny Cohen
Montaggio: Tariq Anwar
Musiche: Alexandre Desplat
Scenografia: Eve Stewart
Costumi: Jenny Beavan
Trucco: Frances Hannon

Interpreti e personaggi:
Colin Firth: Re Giorgio VI
Geoffrey Rush: Lionel Logue
Helena Bonham Carter: Elizabeth Bowes-Lyon
Guy Pearce: Re Edoardo VIII
Timothy Spall: Winston Churchill
Michael Gambon: Re Giorgio V
Derek Jacobi: Arcivescovo Cosmo Lang
Jennifer Ehle: Myrtle Logue
Anthony Andrews: Stanley Baldwin
Claire Bloom: Mary di Teck
Eve Best: Wallis Simpson
Freya Wilson: Principessa Elizabeth
Ramona Marquez: Principessa Margaret
Calum Gittins: Laurie Logue
Dominic Applewhite: Valentine Logue
Roger Parrott: Neville Chamberlain

Doppiatori italiani:
Luca Biagini: Re Giorgio VI
Francesco Vairano: Lionel Logue
Laura Romano: Elizabeth Bowes-Lyon
Danilo De Girolamo: Re Edoardo VIII
Francesco Pannofino: Winston Churchill
Omero Antonutti: Re Giorgio V
Bruno Alessandro: Arcivescovo Cosmo Lang
Alessandra Korompay: Myrtle Logue
Dario Penne: Stanley Baldwin
Paola Mannoni: Mary di Teck
Alessandra Cassioli: Wallis Simpson
Marco Vivio: Laurie Logue
Flavio Aquilone: Valentine Logue
Mauro Bosco: Neville Chamberlain

Denny B.












giovedì 23 maggio 2013

Il Grande Denny B.

Il Grande Gatsby

★★★½

Il Grande Gatsby è un film bello. Molto bello. Ma che odio. Io odio questo film e non voglio sentirne parlare fino al prossimo anno quando saremo tutti nuovamente in fermento per i Golden Globe e la Notte degli Oscar, anche se il nuovo film di Baz Luhrmann è stato accolto freddamente dalla critica e sarà ampiamente snobbato da tutte le giurie dei premi cinematografici, tranne forse Leonardo DiCaprio che potrebbe ricevere l'ennesima nomination all'Oscar per poi rimanere a mani vuote perché si sa: all'Academy, per qualche oscuro motivo, sta sapientemente sulle balle.

"Mi state dicendo che Spiderman si è imbucato alla mia festa?
Cacciatelo immediatamente da casa mia. E dalla città."
Estate 1922. Nick Carraway (Tobey Maguire) è un giovane agente di borsa con aspirazioni letterarie che affitta una piccola casa sulla costa settentrionale di Long Island, nel West Egg, circondata dalle sontuose e immense dimore dei ricchi. Dall'altra parte della baia abita sua cugina Daisy Buchanan (Carey Mulligan) moglie di Tom Buchanan (Joel Edgerton), ricco ereditiere nonché ex campione di polo. Il vicino di casa di Nick è il misterioso miliardario Jay Gatsby (Leonardo DiCaprio) che ogni fine settimana da delle feste esagerate e un giorno si vede recapitare un invito ad una di queste feste, dove l'alcol scorre a fiumi, la musica rimbomba nella testa, i dadi e le roulette sono instancabili, dove gente di ogni tipo - registi, gangster, governatori, politici, ereditiere, sportivi, festaioli, avidi, traditori, si imbuca senza invito e vive al massimo la notte, mentre lui, in mezzo al loro, ma sempre così distaccato, guarda, sorride, scherza, getta una battuta qui e là, passa come se fosse l'ultimo uomo sulla faccia della Terra: unico, puro, intatto e pieno di speranza, che fissa incantato la luce verde del molo della casa di Daisy, la donna che non ha mai smesso di amare e per cui ha fatto tutto quello che ha fatto. Nessuno sa chi sia Gatsby e in fondo a nessuno importa qualcosa di lui. Circolano strane voci sul suo conto, ma nessuna che corrisponde minimamente alla verità, quella di cui sarà testimone proprio Nick Carraway.

"Ah ok, ho capito. Non potrò più mettere piede nella casa di Gastby,
va be... come devo andarmene dalla città?!"
Baz Luhrmann è un regista barocco, con uno stile unico, tutto quello che fa lo fa in maniera esagerata, quindi non poteva che dirigerlo lui un film tratto dal capolavoro di Francis Scott Fitzgerald che racconta, oltre a una struggente storia d'amore, l'apice degli anni dell'età dorata del jazz, un vero e acuto ritratto di quegli anni, un libro di una bellezza mozzafiato che quando venne pubblicato nel 1925 non fu capito, tranne dal grande poeta T. S. Eliot che lo elogiò (forse perché aveva captato le influenze che il suo poemetto, La Terra desolata, aveva avuto sul libro di Fitzgerald?) e non ebbe il successo che si meritava. Se Fitzgerald fosse vivo non so cosa penserebbe della pellicola di Luhrmann. Azzardo: le piacerebbe, anche se chiederebbe delucidazioni sulla musica rap utilizzata in alcune scene del film e inviterebbe molto volentieri per un thè la cantante di  quel piccolo capolavoro che è Young and Beautiful - la malinconica Lana Del Rey. 

"Era da un po' che volevo dirtelo, Carey. Come attrice sei una vera
chiavica. E pure a letto non sei granché. Meno male che c'è
Lana Del Rey."
La festa di Gatsby a cui è invitato Nick la prima volta è spettacolare, un ricco carnevale, in cui si  riassume in un paio di minuti lo spirito di quegli anni: l'indifferenza l'uno verso l'altro. Le persone si divertivano assieme senza sapere neanche il nome di coloro che avevano davanti, parlavano di soldi e di futilità spacciandole per cultura sopraffina. E Gatsby da tutte queste feste con la speranza che ci venga anche Daisy. Daisy: un'oca stupida, insensibile, vuota come il guscio di un'ostrica, viziata e ancora stupida, una donna dalla sensibilità di una scarpa. Mentre Gastby è l'uomo solo, pieno di speranza, sognatore che vale più di tutta questa gente messa assieme, che ama come non mai, ahimé ahinoi, una ragazza incapace di riamarlo allo stesso modo e che non crede  in fondo alla replica del passato, come crede fermamente invece Gatsby.

"Siamo quasi giunti alla fine. Quindi brindo a te
e alla tua bellissima recensione."
Leonardo DiCaprio è splendido, credibile, bello, e da conferma di essere uno dei più grandi attori in circolazione. Tobey Maguire l'ho trovato un po' fuori posto, avevo timore che da un momento all'altro sparasse qualche ragnatela e si arrampicasse sull'Empire State Building (caro Baz all'epoca non c'era, fai più attenzione la prossima volta). Carey Mulligan è peggio di una purga per me, ma nel ruolo di Daisy, della stupida oca, non stonava affatto. Bravo Joel Edgerton, nel libro me lo sono immaginato quasi uguale. E una nota di merito gliela vogliamo dare a Francesco Pezzulli, il doppiatore ufficiale di DiCaprio? Assolutamente sì. Bravo Francesco. E bravo Baz che dopo quella minchiata cazzata schifezza colossale di Australia sei tornato in pista con un film bello. Molto bello. Ma che continuo a odiare.


Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: The Great Gatsby
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Stati Uniti d'America, Australia
Anno: 2013
Durata: 143 minuti
Generedrammatico, romantico
Regia: Baz Luhrmann
Soggetto: Francis Scott Fitzgerald
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Craig Pearce
Produttore: Baz Luhrmann, Lucy Fisher, Catherine Knapman, Catherine Martin, Douglas Wick
Produttore esecutivo: Barrie M. Osborne
Casa di produzione: Bazmark Films, Red Wagon Productions
Distribuzione (Italia): Warner Bros.
Fotografia: Simon Duggan
Montaggio: Jason Ballantine, Jonathan Redmond, Matt Villa
Musiche: Craig Armstrong
Scenografia: Catherine Martin
Costumi: Catherine Martin
Trucco: Catherine Biggs, Diane Dusting, Matteo Silvi

Interpreti e personaggi:
Leonardo DiCaprio: Jay Gatsby
Tobey Maguire: Nick Carraway
Carey Mulligan: Daisy Buchanan
Joel Edgerton: Tom Buchanan
Isla Fisher: Myrtle Wilson
Jason Clarke: George Wilson
Elizabeth Debicki: Jordan Baker
Callan McAuliffe: Jay Gatsby da giovane
Adelaide Clemens: Catherine
Amitabh Bachchan: Meyer Wolfsheim
Jack Thompson: Walter Perkins
Max Cullen: Owl Eyes

Doppiatori italiani:
Francesco Pezzulli: Jay Gatsby
Marco Vivio: Nick Carraway
Valentina Mari: Daisy Buchanan
Simone Mori: Tom Buchanan
Gabriella Borri: Myrtle Wilson
Gianfranco Miranda: George Wilson
Domitilla D'Amico: Jordan Baker
Massimo Corvo: Meyer Wolfsheim

Denny B.

martedì 21 maggio 2013

Watchmen - Il capolavoro del genere supereroistico

Watchmen

★★★★

"Questa notte è morto un comico a New York, 
qualcuno sa perché?... Qualcuno sa?..."

Io non leggo i fumetti. Sfoglio di tanto in tanto Dylan Dog per gustarmi le battute di Groucho Marx, il caro detective dell'incubo è troppo figo e se ne fa troppe di gnocche per potermi stare simpatico, e poi non abbiamo nessuna affinità io e lui, se non che in questi ultimi nove giorni faccio degli incubi terribili a causa di una certa persona di cui non faccio il nome. I fumetti che parlano di supereroi non li amo particolarmente, posso apprezzarne i disegni, ma al primo svolazzar di mantello chiudo il libro e arrivederci e prego. Ma tolta questa inutile ouverture per me Watchmen è un capolavoro. Forse il più bel film sul genere supereroistico. Sì: più bello de Il cavaliere oscuro.


Nel 1938 viene formato il gruppo dei Minutemen, composto da vigilanti mascherati, allo scopo di combattere il crimine, e parecchi anni dopo viene formato quello dei Watchmen. Nel 1986 in  un America alternativa, dove Nixon ha vinto le elezioni per la terza volta e gli Stati Uniti hanno vinto la guerra del Vietnam, un decreto legge vieta gli Watchmen di vigilare nelle strade, e un agente governativo, Edward Blake alias Il Comico (Jeffrey Dean Morgan), viene ucciso nella sua abitazione. Rorschach (Jackie Earle Haley), supereroe mascherato che bazzica nei bassifondi e che annota tutto sul suo diario, ipotizza che qualcuno abbia intenzione di voler uccidere tutti gli eroi mascherati rimasti, così avverte il Dr. Manhattan (Billy Crudup), Laurie Jupiter alias Spettro di Seta (Malin Akerman) e Daniel Dreiberg alias Gufo Notturno II (Patrick Wilson) che a sua volta avverte il plurimiliardario ed ex vigilante Adrian Veidt alias Ozymandias (Matthew Goode) che rimane scettico e respinge i sospetti avanzati da Rorshach. Andando avanti però i suoi sospetti saranno sempre più fondati...


I film sui supereroi sono sempre tutti uguali: cambia solo l'eroe di turno che deve salvare il mondo dal cattivo di turno. Ma Watchmen è diverso. E' originale. Sorprendente. Emozionante. Bellissimo. Un mio caro amico blogger finora ci ha azzeccato due volte. Ha scritto le recensioni sia di Watchemen sia di Hero facendomi venir voglia di vederli e le aspettative che mi sono fatto leggendole non mi hanno deluso una volta visti i film. La regia è ispirata - meravigliosa la scena iniziale dello scontro tra il Comico e il misterioso assassino, con le mosse a rallentatore e la musica soffice e leggera così estranea alla violenza che ruota attorno ai due personaggi. 


Appunto i personaggi sono i punti di forza: ognuno è caratterizzato come si deve, dai buoni al cattivo dal piano geniale che fino alla fine non si svela, ma il più bello, almeno per me, è sicuramente Rorschach: l'eroe dalla voce roca (grande il doppiatore!) errante nei bassifondi della città che annota ogni cosa nel suo diario e che si ostina a tenersi stretto la sua maschera. La sceneggiatura è costellata da un paio di frasi niente male ("Tu ti nascondi in piena luce", Rorschach a Gufo Notturno II, o  sempre lui: "[..] e le puttane e i politici leveranno lo sguardo gridando 'Salvaci!'... E io dall'alto gli sussurrerò: 'No.'") oppure il Dr. Manhattan che quando apre bocca non parla mai a sproposito, e sciorina lezioni di filosofia niente male, pur trovando questo personaggio a tratti odioso, o Il Comico, forse il personaggio più difficile, però facilmente classificabile nella categoria Stronzi - ve ne accorgerete - che risponde alla domanda di Dan Dreiberg "Cos'è successo all'America? Che ne è stato del Sogno Americano?" così: "Si è avverato. Lo stai guardando. E ora facciamo vedere a questi buffoni che facciamo sul serio". 


Poi c'è il piano del cattivo: crudele e geniale. Ma è poi lui il cattivo? O sono le persone potenti che durante la Guerra Fredda si lanciavano frecciatine politiche sempre più vicine al tasto rosso che avrebbe sganciato la bomba atomica e raso al suolo città intere? Watchmen fa riflettere su questo e non solo: è un film che sfregia in maniera definitiva con bellezza e intelligenza tutte le altre pellicole sui supereroi. Un capolavoro.

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: Watchmen
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: USA
Anno: 2009
Durata: 162 min (versione cinematografica)
186 min (director's cut)
215 min (ultimate cut: director's cut + I racconti del vascello nero)
Genereazione, fantascienza, supereroi, noir
Regia: Zack Snyder
Soggetto: dal romanzo a fumetti di Alan Moore e Dave Gibbons
Sceneggiatura: David Hayter, Alex Tse
Produttore: Lawrence Gordon, Lloyd Levin, Deborah Snyder
Produttore esecutivo: Thomas Tull, Herb Gains
Fotografia: Larry Fong
Montaggio: William Hoy
Effetti speciali: Quantum Creation FX, Drac Studios, Moving Picture Company, Intelligent Creatures, CIS Hollywood, New Deal Studios
Musiche: Tyler Bates
Scenografia: Alex McDowell
Costumi: Michael Wilkinson
Trucco: Anji Bemben, Rosalina Da Silva, Jim Knell, Harvey Lowry, Todd Tucker

Interpreti e personaggi:
Billy Crudup: Dottor Manhattan/Jon Osterman
Patrick Wilson: Gufo Notturno/Daniel Dreiberg
Jackie Earle Haley: Rorschach/Walter Kovacs
Malin Akerman: Spettro di Seta/Laurie Juspeczyk
Carla Gugino: Sally Jupiter
Matthew Goode: Ozymandias/Adrian Veidt
Jeffrey Dean Morgan: Il Comico/Edward Blake
Stephen McHattie: Hollis Mason
Matt Frewer: Moloch/Edgar Jacobi

Doppiatori italiani:
Alessio Cigliano: Dr. Manhattan/Jon Osterman
Loris Loddi: Gufo Notturno/Daniel Dreiberg
Massimo Rossi: Rorschach/Walter Kovacs
Domitilla D'Amico: Spettro di Seta/Laurie Juspeczyk
Ilaria Stagni: Sally Jupiter
Francesco Bulckaen: Ozymandias/Adrian Veidt
Angelo Maggi: Il Comico/Edward Blake
Dario Penne: Hollis Mason
Oliviero Dinelli: Moloch/Edgar Jacobi

Denny B.

lunedì 20 maggio 2013

La tigre e il dragone che non mordono

La tigre e il dragone

★★★

Nella recensione di Hero ho accennato a un altro film orientale del genere wuxiapan che ho definito "cagatina di mosca cinese" a confronto appunto con Hero. Il film in questione è La tigre e il dragone diretto dal regista due volte Premio Oscar Ang Lee, presentato fuori concorso al 53° Festival di Cannes, e vincitore di 4 Premi Oscar (tra cui miglior film straniero) nel 2001. Un film elegante, ben fatto, ma poco comunicativo.


XVIII secolo. Li Mu Bai (Chow Yun-Fat) è un maestro wudang e leggendario guerriero che torna a Pechino per informare Shu Lien (Michelle Yeoh), un'amica, guerriera e maestra di arti marziali, di voler regalare "Destino Verde", la sua spada forgiata quattrocento anni prima con un metallo indistruttibile, al signor Tie, ricco mercante nonché conoscente del governatore Yu. Li Mu Bai non ha ancora vendicato la morte dei suo maestro "Gru del Sud", morto per mano di "Volpe di giada", una famigerata assassina, ma afferma di essere in pace e di non voler più combattere. Shu Lien arrivata alla casa del signor Tie fa la conoscenza di Jen (Zhang Ziyi), figlia del governatore Yu, una giovane ragazza infantile affascinata dalle storie dei guerrieri erranti e dalle spade. Calata la notte un misterioso ladro si insinua nella casa del ricco mercante e ruba la preziosa spada. Chi sarà mai questo ladro? 


I temi trattati ne La tigre e il dragone sono risaputi: l'amore, quello non espresso, ma sottinteso, tra Li Mu Bai e Shu Lien; l'amore tra Jen e il bandito del deserto; e a suo modo l'amore che Li Mu Bai prova per la sua spada. La vendetta non ancora consumata, la rabbia di "Volpe di giada", la voglia di vivere un'altra vita di Jen. Gli attori sono molto bravi, in particolare Zhang Ziyi che ha recitato anche in Hero e ne La foresta dei pugnali volanti è considerata una vera star del cinema orientale.  La regia di Ang Lee è action quanto basta, diretti molto bene i combattimenti irreali, tipici del genere, ideati dai creatori dei combattimenti di Matrix. La colonna sonora, premiata con l'Oscar non è sta gran meraviglia, diciamocelo. Ma alla fine del duello il film è bello sì o no? La tigre e il dragone è un ottimo esercizio di stile, ma non commuove, non comunica, non emoziona. Hero, scusate se lo cito in continuazione, davvero un capolavoro, è fatto di un'altra pasta: poetica, filosofica, legata a una cinematografia delle immagini e dei suoni. 


Credo che se un film mi emoziona, mi colpisce in qualunque maniera si vede anche dalla recensione. Ora giudicate voi.

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia): 


Titolo originale: 臥虎藏龍
Wòhǔ Cánglóng'
Lingua originale: mandarino
Paese di produzione: Taiwan, Hong Kong, Cina, Stati Uniti d'America
Anno: 2000
Durata: 120 min
Genereazione, avventura, drammatico
Regia: Ang Lee
Soggetto: Wang Du Lu
Sceneggiatura: Wang Hui-Ling, James Schamus, Tsai Kuo Jung
Fotografia: Peter Pau
Montaggio: Tim Squyres, Peter Pau
Effetti speciali: John Des Jardin, Rob Hodgson, Matt Magnolia
Musiche: Tan Dun, Yo-Yo Ma
Scenografia: Tim Yip

Interpreti e personaggi:
Chow Yun-Fat: Li Mu Bai
Michelle Yeoh: Shu Lien
Zhang Ziyi: Jen Yu
Chang Chen: Lo
Lung Sihung: Sir Te
Wang Deming: Tsai
Li Li: May
Cheng Pei-Pei: Volpe Di Giada
Gao Xian: Bo
Hai Yan: Madame Yu
Li Fa Zeng: Governatore Yu

Doppiatori italiani:
Luca Biagini: Li Mu Bai
Roberta Greganti: Shu Lien
Valentina Mari: Jen Yu
Fabio Boccanera: Lo
Roberto Draghetti: Tsai
Domitilla D'Amico: May
Ludovica Modugno: Volpe Di Giada
Ambrogio Colombo: Bo
Oreste Rizzini: Governatore Yu

Denny B.





mercoledì 15 maggio 2013

Domani apre il Salone del Libro di Torino: e Denny B. ci sarà





Domani apre il Salone Internazionale del Libro di Torino e una calca di lettori impazziti e carta-dipendenti si riverseranno sul Lingotto di Torino, prendendo d'assalto gli espositori, dopo aver fatto, buoni come agnellini, la coda alle fatidiche biglietterie, cosa che il sottoscritto non farà perché moi, je suis un VIP (Very Inutil People). Detta in soldoni (gli stessi che spenderò in libri) ho ordinato i biglietti online e quindi salterò la coda alle biglietterie. Giubilo giubilo giubilo. Per chi volesse sapere quali saranno gli incontri a cui potranno assistere nei giorni seguenti ecco la lista: 

Venerdì 17

Come si fa una proposta editoriale – Incontri professionali – ore 11.00
La presenza di casa editrice/autori/libri nei blog e in TV e l'impatto sulle vendite di libri – Incontri professionali – ore 14.00
Traduttore e revisore a confronto – Incontri professionali – ore 14.00
I nuovi mestieri dell'editoria – Book to the future – ore 17.00
Elefanti rosa – racconti brevissimi e pesanti teorie – Incontro con STEFANO BENNI – ore 19.30

Sabato 18

Ebook e libreria: la strana coppia – Incontri professionali – ore 10.15
Loredana Lipperini e Michela Murgia dialogano con Barbara Stefanelli del blog la 27esima ora in occasione della pubblicazione dei loro libri – ore 12.30
Venere in metrò – Culicchia – ore 13.00
Forum del Libro – Incontri professionali – Presentazione del primo rapporto della promozione della lettura in Italia – ore 16.00
Vedi alla voce: donna – ore 16.30/18.00
Un'ora con Nicolai Lilin – ore 21.00

Domenica 19

Tra carta e digitale – Book to the future – ore 11.30
Cos'è la letteratura? Narrativa e letteratura oggi – ore 12.00
I book blog, editoria e lavoro culturale – Book to the Future – ore 12.30
Scrittore e traduttore a confronto – Incontri professionali – ore 14.00
Dall'Algeria all'Italia, Amara Lakhous – ore 14.00
Rosico ergo sum – Incontro con Zerocalcare – ore 14.30
Recensioni 2.0 – Come la rete racconta i libri – Book to the Future – ore 16.00
Incontro con Massimo Carlotto e Carlo Videtta – ore 18.30

Lunedì 20

Librerie per ragazzi: un nuovo Arcipelago – Incontri professionali – ore 11.00
Quando la diversità diventa forza – Incontro con Luciana Littizzetto e Anna Pavignano – ore 13.30
Case editrici e social network: ascolto, engagement, risposta. E il vender libri? - Book to the Future – ore 14.00
La trasparenza nella comunicazione 3.0 – Proposte degli espositori – ore 17.00

Buon Salone del Libro a tutti.

Denny B.

martedì 14 maggio 2013

Hero "sotto un unico cielo"

Hero

★★★★

"La prima conquista dell'arte della spada è l'unità tra uomo e spada. Quando la spada è nell'uomo e l'uomo è nella spada, anche un filo d'erba è un'arma affilata. La seconda conquista è che la spada è assente nella sua mano, ma è presente nel suo cuore. Anche a mani nude egli può abbattere il proprio nemico a cento passi. La conquista finale dell'arte della spada è l'assenza della spada nella mano e nel cuore. La mente aperta contiene tutto! L'uomo di spada è in pace col mondo! Egli non uccide, e porta la pace all'umanità."
(Re di Qin)

Di cinema orientale non ne so nulla. Alcuni direbbero che pure di cinema occidentale ne so poco o nulla, data la giovane età e bla bla, ma essendo molto giovane e dimostrando cinque anni in meno - quando sarò brizzolato servirà, capite a me -  tra i miei dieci film preferiti c'è Casablanca e non Scusa ma ti chiama amore. Il mio regista preferito è Coppola (a pari merito con Hitchcock) e non i fratelli Vanzina. Il mio attore preferito è Al Pacino e non Raoul Bova. E salvo alcune pellicole di Bruce Lee, gli unici film orientali che ho visto sono La tigre e il dragone e Hero. E il primo, messo a confronto con il secondo, è una cagatina di mosca cinese. Il primo ha vinto quattro Premi Oscar nel 2001. Il secondo è rimasto a bocca asciutta. Di cinema orientale ne capiscono proprio un'acca.


201 a.C. La Cina è divisa in sette regni da anni in guerra l'uno contro l'altro. Il regno di Qin è il più agguerrito e vuole ottenere il dominio su tutti gli altri sei regni. Il re di Qin (Daoming Chen), oggetto di svariati attentati, vive in completa solitudine da più di tre anni, e nessuno può avvicinarsi a lui a meno di cento passi. Un giorno Senza Nome (Jet Li), un abilissimo guerriero, si presenta alla corte del re di Qin portando con sé le prove di avere ucciso i tre più temibili nemici del regno: Cielo (Donnie Yen), guerriero dall'imbattibile lancia, Neve Che Vola (Maggie Cheung), spadaccina elegante e vendicativa, e Spada Spezzata (Tony Leung Chiu-Wai), maestro dell'arte della spada e di calligrafia. Senza Nome comincia a raccontare ogni scontro e, andando avanti nel racconto, ha la possibilità di avvicinarsi sempre di più al re. 


Da quello che ho potuto leggere in rete il film ha fatto incavolare molti, l'hanno tacciato di fare propaganda imperialista e altre balle politiche in cui non metterò il naso né la bocca perché la politica è l'ultimo dei pensieri di questo blog e poi non voglio rischiare la chiusura, visto che sta cominciando a ingranare, e non si sono focalizzati su una cosa: il colore, il suono e la poesia che permeano l'intera pellicola di Zhang Yimou - chiaro omaggio al genere wuxiapan - che ha in sé una filosofia precisa che si racchiude nella citazione iniziale della recensione e nella frase "Sotto un unico cielo" detta da Spada Spezzata. Si vis pace parabellum, dicevano i romani. Se vuoi la pace fai la guerra. Con la guerra si riuscirà ad unire il popolo cinese sotto un unico cielo. 


Dimentichiamo molto spesso che il cinema è prima di tutto un'arte visiva. L'arte visiva per eccellenza. Un libro lo leggo, un film lo guardo. Molti film si soffermano solo sulla narrazione, come fossero delle prolunghe dei libri, tralasciando le immagini, la fotografia, il suono. La favolosa fotografia in technicolor di Via col vento fa ancora la sua sporca figura tuttora, o quella fredda e introspettiva di Insomnia o la coloratissima e vivida fotografia di American Beauty, o le immagini poetiche e mozzafiato di The Tree Of Life, sono tutti film eccezionali che mantengono il filo della narrazione colorandolo di gioia per gli occhi e il cuore. E Hero fa parte di questi. 


A ogni ricordo corrisponde un colore. Andiamo dal nero, bianco e rosso, al  giallo e arancione, al verde e azzurro. Tutti accompagnati da suoni diversi: lo scorrere delle lame l'una sull'altra, i drappi che sventolano e che cadono lentamente a terra, le grida dei combattenti, lo scoccar delle frecce, l'acqua sfiorata da un piede o da una mano, la pioggia che cade, le musiche che avvolgono ogni duello esagerato come si confà al genere, anche la tensione ha un suo suono. Il mondo stesso è fatto di immagini, colori e suoni. E Zhang Yimou lo sa questo, che ha diretto il film alla perfezione, e che si è avvalso di Christian Doyle per la fotografia e Tan Dun (Oscar alla miglior colonna sonora per La tigre e il dragone) per le musiche.
Più che dirvi di guardarlo non lo so. Per convincervi dovrebbero bastare le immagini, se no vi mando Senza Nome direttamente a casa.


Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: 英雄 Yīng xióng
Lingua originale: mandarino
Paese di produzione: Cina
Anno: 2002
Durata: 96 min(107 min nella versione originale)
Genereepico, azione
Regia: Zhang Yimou
Soggetto: Zhang Yimou
Sceneggiatura: Zhang Yimou, Li Feng, Wang Bin
Produttore: William Kong, Philip Lee, Zhang Yimou, Zhenyan Zhang
Produttore esecutivo: Weiping Zhang
Fotografia: Christopher Doyle
Montaggio: Angie Lam, Ru Zhai
Musiche: Tan Dun
Scenografia: Huo Tingxiao, Yi Zhenzhou

Interpreti e personaggi:
Jet Li: Senza Nome
Tony Leung Chiu-Wai: Spada Spezzata
Maggie Cheung: Neve Che Vola
Zhang Ziyi: Luna
Donnie Yen: Cielo
Daoming Chen: Re di Qin

Doppiatori italiani:
Fabio Boccanera: Senza Nome
Francesco Prando: Spada Spezzata
Cristina Boraschi: Neve Che Vola
Federica De Bortoli: Luna
Sandro Acerbo: Cielo
Luigi La Monica: Re di Qin

Denny B.