lunedì 28 aprile 2014

Essere John Malkovich: essere chiunque tranne noi stessi

Essere John Malkovich

★★★★

Craig Schwartz (John Cusack) è un burattinaio fallito che si esibisce sui marciapiedi per pochi soldi mettendo in scena il dramma di Abelardo ed Eloisa e beccandosi le ire e gli schiaffi della gente offesa dalle movenze esplicite delle marionette.  E' sposato con Lotte (Cameron Diaz), ossessionata dagli animali, che lo sprona a cercare un lavoro al di fuori della sua passione e grazie alla sua abilità nel muovere le dita trova un impiego come archivista alla LesterCorp, un'azienda che ha sede al settimo piano e mezzo (soffitti molto bassi) di un alto grattacielo. Qui Craig incontra il dottor Lester, un arzillo signore dai pensieri sconci, e Maxine, una sensuale collega della quale si innamora. Un giorno, mentre sta riordinando delle pratiche, Craig scopre una porticina segreta dietro un raccoglitore di metallo che è un passaggio che porta dentro la testa del noto attore John Malkovich e dopo quindici minuti viene catapultato nel New Jersey in un fosso vicino all'autostrada. Dopo aver mostrato la sua scoperta a Maxine acconsente alla bizzarra idea di lei: permettere a chi lo desidera (dietro compenso) di essere per quindici minuti John Malkovich. Ma la cosa prenderà una piega inaspettata.



Essere John Malkovich è un titolo foriero e assolutamente geniale, in questo senso. Pochi al di fuori dei confini statunitensi conoscono l'attore di Le relazioni pericolose e anche nel paese a stelle e strisce un tassista può fargli i complimenti per il suo ruolo del ladro di gioielli in quel film là di cui non ricorda esattamente il nome, ignaro di confonderlo con Sean Connery (che ha recitato in Entrapment proprio il ruolo del ladro), e molti invece crederebbero si tratti di un nome di fantasia, tra cui io che la prima volta che sentii il titolo del film ignoravo si trattasse di un nome proprio di una persona reale in carne e ossa. John Malkovich è solo un pretesto, un modo per impreziosire il progetto cinematografico e renderlo appetibile a una casa di produzione. Chiunque avrebbe pagato i duecento dollari per essere qualsiasi attore o personaggio famoso, chiunque avrebbe pagato per essere qualcun'altro: tutto fuorché noi stessi. 


Craig e Lotte sono una coppia sporca, sudicia che se hanno mai provato l'amore l'uno per l'altra o li ha devastati o li ha resi indifferenti alle quatto mura di casa ravvivate da pappagalli che sopperiscono ai loro silenzi anch'essi sporchi d'indifferenza. Le marionette che Craig muove sono incredibilmente vive, la fiamma della vita brucia nelle loro membra di legno, gli occhi umani pietosi velati di disperazione, e compiono forse le azioni più vicine a un'estasi vitale: il ballo (nella scena d'apertura) e l'atto amoroso (Abelardo ed Eloisa). 


E' consequenziale e normale che una volta provato nuovamente l'amore Craig si prostri alla fredda Maxine che s'innamora di Lotte, peraltro ricambiata con passione bruciante, ma che desidera consumare un rapporto fisico solo quando lei è dentro la testa di John Malkovich (straordinario nell'interpretare se stesso posseduto e non). Il tema del fare l'amore coinvolgendo una terza persona Jonze lo riprenderà nel suo bellissimo Her, e in questo la vicinanza con un genio come Charlie Kaufman non gli ha fatto altro che bene. 


Craig, da sudicio fallito, diventa il più grande burattinaio mai esistito riuscendo a dimorare nella testa di John Malkovich per sette anni sconvolgendo la vita dell'attore-marionetta-burattinaio ignorando il tragico fatto che il dottor Lester (che ha scoperto il modo di vivere in eterno) e i suoi compagni di viaggio hanno intenzione di attraversare il passaggio che conduce alla testa dell'attore al compimento dei suoi quarantaquattro anni ed è in una delle inquadrature più belle del film che l'angoscia s'impadronisce delle nostre pupille e temendo quasi di essere stati manipolati vediamo John Malkovich guardare riflesso in una superficie metallica zigrinata il suo viso scomposto in tante parti quante sono le personalità che s'impadroniranno del suo corpo dopo aver esclamato il bellissimo "Sono libero" a seguito dell'abbandono di Craig.


Essere John Malkovich, dotato di uno dei finali più angosciosi che io ricordi, è un film sulla mancanza di piacere nell'essere noi stessi. Siamo quel che siamo per abitudine? o perché costretti dal vizio di vivere? Se potessimo vivere la vita di un altro lo faremmo ignorando gli sforzi impiegati per formare la nostra identità? Rispondete, e siate voi stessi. 


Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: Being John Malkovich
Paese di produzione: USA
Anno: 1999
Durata: 112 min
Generecommedia, fantastico
Regia: Spike Jonze
Soggetto: Charlie Kaufman
Sceneggiatura: Charlie Kaufman
ProduttoreSteve Golin, Vincent Landay, Sandy Stern, Michael Stipe
Produttore esecutivo: Charlie Kaufman, Michael Kuhn
Casa di produzione: Gramercy Pictures, Propaganda Films, Single Cell Pictures
Distribuzione (Italia): Universal Pictures
Fotografia: Lance Acord
Montaggio: Eric Zumbrenner
Musiche: Carter Burwell
Scenografia: K. K. Barrett
Costumi: Casey Storm

Interpreti e personaggi:
John Cusack: Craig Schwartz
Cameron Diaz: Lotte Schwartz
Catherine Keener: Maxine Lund
John Malkovich: John Horatio Malkovich
Orson Bean: Dr. Lester
Mary Kay Place: Floris
Charlie Sheen: se stesso
Ned Bellamy: Derek Mantini
Sean Penn: se stesso
Spike Jonze: assistente di Derek Mantini

Doppiatori italiani:
Gianluca Tusco: Craig Schwartz
Ilaria Stagni: Lotte Schwartz
Franca D'Amato: Maxine Lund
Luca Biagini: John Horatio Malkovich
Oreste Rizzini: Dr. Lester
Massimiliano Manfredi: Charlie Sheen
Massimo Rossi: Sean Penn

Denny B.










venerdì 25 aprile 2014

Killer Joe: il pollo fritto non lo mangerete mai più

Killer Joe


★★★

Chris Smith (Emile Hirsch) è un giovane spacciatore di droga che deve una grossa somma di denaro ad alcune persone di dubbia legalità e che per ottenere la somma necessaria decide, con il benestare del padre Ansel, di uccidere la madre per incassare l'assicurazione sulla vita della donna e ingaggia il poliziotto Joe Cooper (Matthew McConaughey), soprannominato Killer Joe perché è anche un sicario professionista. Joe accetta l'incarico, ma prende come caparra la sorella di Chris, Dottie (Juno Temple). Ne seguirà una spirale di violenza inarrestabile. 


Non ho mai visto una famiglia come gli Smith. Pezzenti spiantati, anaffettivi, e irrimediabilmente stupidi. Chris è il classico ragazzo che tentando di sbarcare il lunario con lavoretti sporchi si mette nei guai con gente molto più sporca e altrettanto pericolosa; Ansel è il padre che si fa mettere le mani addosso da suo figlio che non ha un briciolo di rispetto genitoriale ed è sposato con Sharla, una donna che apre la porta della roulette quasi completamente nuda dando il benvenuto praticamente con la sua passera; Dottie è senza mezzi termini una mezza rincoglionita, per di più bionda tanto per continuare ad alimentare la fama delle donne con tale colorazione tricotica. Quando Chris e Ansel ingaggiano Joe non avrebbero mai immaginato che avrebbero catapultato l'intera famiglia tra le fiamme di una situazione infernale. 


Killer Joe  è un film diretto da William Friedkin con una regia che scorre piacevolmente a proprio agio con la sceneggiatura colma di black humour scritta dal premio Pulitzer Tracy Letts (quello del bellissimo I segreti di Osage County, tanto per ricordarvelo). Non l'ho né amato né odiato. Lo si guarda per recuperare la prima volta in cui Matthew McConaughey si è deciso a fare l'attore infatti il suo ruolo è l'unico tra tutti a essere ricordato. 


Joe pare essere l'unico a sentire qualche sorta di emozione, seppur mossa da azioni sadiche o semplici voglie scaturite dal corpo bianco e innocente di Dottie che pur essendo una stupida partecipa attivamente al piano con domande eccitate ed entusiaste rivolte a Joe del tipo "Come ucciderai mia madre? L'avvelenerai?" per di più mentre stanno mangiando. Ecco: Killer Joe è un film che toglie l'appetito. Va visto quando non avete il languorino, perché se ce l'aveste, arrivati alla ormai famosa scena del pollo, non tocchereste cibo neanche se preparato dallo chef pluristellato Gordon Ramsay. 


Ma ciò che più mi ha sconvolto è il nichilismo che permea il film in maniera inesorabile. Ognuno pensa per sé. Non c'è unità in questa famiglia disastrosa, non c'è la ben che minima ombra d'affetto. Il padre è un personaggio scritto malissimo (volutamente?), un codardo idiota senza spina dorsale che ogni volta che apre bocca desidereresti svegliarlo a suon di ceffoni da quel suo limbo ingiustificato. La bagarre di piombo e sangue finale oltre a essere d'impatto è una coppia di stecchini da shangai che ponendosi sotto le palpebre le spalanca con violenza e si è lì, increduli e spaesati e persino divertiti, a osservare degli individui che si scannano, incitano alla violenza, con una sola certezza in mente: devo e voglio uscire vivo da quest'inferno.

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: Killer Joe
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Stati Uniti
Anno: 2011
Durata: 103 min
Generethriller, noir
Regia: William Friedkin
Soggetto: Tracy Letts (opera teatrale)
Sceneggiatura: Tracy Letts
Produttore: Nicolas Chartier, Scott Einbinder, Patrick Newall (co-produttore), Eli Selden (produttore associato), Doreen Wilcox Little (produttore associato)
Produttore esecutivo: Christopher Woodrow, Molly Conners, Vicki Cherkas, Zev Foreman, Roman Viaris
Casa di produzione: Voltage Pictures, Pictures Perfect Corporation, ANA Media, Worldview Entertainment
Distribuzione (Italia): Bolero Film
Fotografia: Caleb Deschanel
Montaggio: Darrin Navarro
Musiche: Tyler Bates
Scenografia: Franco-Giacomo Carbone
Costumi: Peggy Schnitzer
Trucco: Krystal Kershaw

Interpreti e personaggi:
Matthew McConaughey: Killer Joe Cooper
Emile Hirsch: Chris Smith
Juno Temple: Dottie Smith
Thomas Haden Church: Ansel Smith
Gina Gershon: Sharla Smith

Doppiatori italiani:
Francesco Prando: Joseph "Killer Joe" Cooper
Massimiliano Alto: Chris Smith
Veronica Puccio: Dottie Smith
Massimo Corvo: Ansel Smith
Laura Romano: Sharla Smith 
  
Denny B.

mercoledì 23 aprile 2014

Holy Motors: impossibile parlarne, impossibile non guardarlo

Holy Motors


★★★★

Holy Motors narra ventiquattro ore della vita di Oscar, un uomo che cambia identità in continuazione e che viene scortato tra le strade di Parigi da una misteriosa donna bionda di nome Céline alla guida di una limousine bianca. All'inizio Oscar è un padre di famiglia che salito sulla sua auto con autista sembra andare a una riunione d'affari, invece pettina una parrucca grigia e quando l'auto si ferma se ne esce fuori ingobbito e vestito di stracci travestito da vecchia che si mette a chiedere l'elemosina ai passanti che ignorano il suo bicchiere teso verso di loro. Qui lo spettatore entra nel tunnel e non vedrà più la leggendaria luce che appare di solito in fondo ad esso. 


Di Holy Motors è impossibile parlarne. Perché se da una parte sono portato a raccontarvelo dall'inizio alla fine inserendo tutta la vasta gamma di emozioni che mi ha suscitato dall'altra non vorrei dirvi nulla se non "Guardatelo!" con tanto di punto esclamativo. Non vorrei dirvi troppo ma nemmeno troppo poco. E qui entra in campo una veloce riflessione sull'utilizzo delle recensioni, che sono uno strumento da leggersi dopo aver visto il film, così da potersi rivolgere a uno spettatore che sa di cosa parlo (si spera), però allo stesso tempo le recensioni servono per distogliere l'incauto individuo dallo spendere soldi per il biglietto di un determinato film che non vale un secondo del suo tempo prezioso o al contrario consigliargli caldamente la visione con una recensione entusiasta. 



Leos Carax ha alcuni lavori alle spalle, nulla di rilevante, e rimango sempre estasiato quando qualcuno, dal nome che ispira nient'altro che un "boh" accompagnato dalla tipica espressione facciale, riesce a fermarci tutti dandoci la convinzione di aver visto un film davvero insolito, che continua a covare in noi riflessioni e malinconie anche dopo giorni dalla visione. Non solo io ho notato in Holy Motors una interessante affinità con Cosmopolis di Cronenberg dato dal fatto che entrambi i protagonisti vivono dentro una limousine che prende le connotazioni di una bolla artificiale creata per proteggersi dal mondo, per essere vivi in mezzo agli altri, ma senza essere visti. L'anonimato sembra essere il fine ultimo dell'umanità. Il personaggio di Holy Motors, cambiando identità, preserva la sua, coltivando appunto l'anonimato. Noi non sappiamo e non sapremo mai nulla di questo fantomatico Oscar. Lavora per una agenzia, specializzata in cosa? Faceva l'attore; in un frangente esterna la sua mancanza per le telecamere che erano molto più grandi e difficili da trasportare rispetto alle apparecchiature di adesso. Oscar è un uomo caduto vittima nella trappola del cinema? 



L'attore che lo interpreta, Denis Lavant, ha lo sguardo più sfinito che io ricordi, ma è determinato e assolve ai suoi ruoli con efficacia, tranne in alcuni stralci spiazzanti come quando ordina all'autista di fermare l'auto e indossato una sorta di maschera di spiderman con il filo spinato uccide un uomo seduto a un bar all'aperto salvo poi essere ucciso a sua volta dalle guardie del corpo; sembra che sia finita, è morto, invece no: Céline lo aiuta a rialzarsi e si scusa con i presenti per l'accaduto.



Holy Motors è un'opera tremendamente surreale, grottesca e destabilizzante. Il regista non ci mostra soltanto una carrellata di ruoli interpretati da Oscar ma anche un catalogo di generi cinematografici che vanno dall'horror al gangster, dal drammatico al musical. Triste e tensivo l'incarico che vede Oscar andare a prendere sua figlia dopo una festa con amici. Liberatorio il piano sequenza nella chiesa con i fisarmonicisti e musicisti vari. Incredibile da spiegare lo splendido episodio al Samaritaine che è girato come un musical vero e proprio ma spogliato degli sfarzi scenografici abituali. E sarà un colpo al cuore per i lettori più accaniti la scena in cui Oscar, travestito da vecchio signor Logan, giunto nella sua stanza d'hotel e messosi a letto si lascia andare con una donna dai capelli corvini a un dialogo che è palesemente ispirato al romanzo Ritratto di signora di Henry James.


"Dove vanno tutte queste limousine di notte?" si chiede il protagonista di Cosmopolis. Gli risponde il film di Leos Carax: alla Holy Motors. Dove gli autisti indossano delle maschere bianche prima di scendere dalle auto che spentesi le luci si lamentano dei propri padroni. Auto lussuose coscienti che andranno presto alla rottamazione. Un po' come noi esseri umani quando non serviamo più e passiamo di moda. L'importante però è almeno ridere prima di mezzanotte. 

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: Holy Motors
Lingua originale: Francese
Paese di produzione: Francia, Germania
Anno: 2012
Durata: 115 min
Generedrammatico
Regia: Leos Carax
Sceneggiatura: Leos Carax

Interpreti e personaggi:
Denis Lavant: diverse personalità
Edith Scob: Céline
Eva Mendes: Kay M
Kylie Minogue: Eva Grace
Michel Piccoli: uomo col vino
Leos Carax: il dormiente


Denny B.















lunedì 21 aprile 2014

Le letture con cui sono cresciuto



Non potevo lasciarmi scappare questa interessantissima lista delle liste della crescita di Cannibal Kid per di più consona a un lettore vorace quale il sottoscritto, quindi, senza tanti preamboli inutili ecco la lista delle letture con cui sono cresciuto (in ordine rigorosamente sparso):


I libri di Geronimo Stilton


Non ridete, perché non c'è nulla da ridere. E' anche e soprattutto grazie a Geronimo Stilton e alle sue storie esilaranti ricche di personaggi indimenticabili e caratterizzati alla perfezione che mi sono innamorato della lettura. (Per chi non lo sapesse l'autore delle storie è una donna).



Piccoli brividi

Io non amo l'horror, ormai lo sanno anche i tasti del vostro computer, ma di Piccoli brividi ne ho letti a dozzine e di brividi lungo la schiena ne ho avuti parecchi e ancora oggi dopo essermi messo nel letto ho paura che dall'armadio possa uscire il personaggio più terrificante della serie creata da Robert Lawrence Stine: Slappy, la marionetta.



Topolino e i fumetti Disney in generale


Beh, Topolino non può mancare. I fumetti Disney li ho letti e straletti più e più volte. Chi dice che sono solo per bambini scommetto che non ha mai letto le storie di Carl Barks o di Floyd Gottfredson o quell'autentica meraviglia che è La dinastia dei paperi di Don Rosa.



I gialli di Agatha Christie


Il bello dei gialli della signora del delitto è che puoi rileggerli in là nel tempo perché ti dimentichi il nome dell'assassino. E poi amo alla follia il belga Hercule Poirot e quella simpatica zitella di Miss Marple.



Chiedi alla polvere di John Fante

John Fante ti fa venir voglia di scrivere dappertutto, su qualsiasi superficie liscia. Il suo alter ego letterario, Arturo Bandini, è semplicemente irresistibile. Da leggere.



Foglie d'erba di Walt Whitman

L'opera omnia di uno dei più grandi poeti mai esistiti. Un padre umanista che ha influenzato centinaia di fior fior di poeti tra cui Thomas S. Eliot, A. R. Ammons, Hart Crane, Wallace Stevens e quello che è da circa mezzo secolo il più grande poeta vivente: John Ashbery.



Lolita di Vladimir Nabokov

Uno dei libri più sensuali, raffinati e geniali che io abbia mai letto. Nabokov ha una padronanza del linguaggio scritto che è qualcosa di unico. Se dovessimo incontrare Lolita perderemmo le bave e la sanità mentale.



Il poeta di Michael Connelly

A circa quindici anni ho avuto la fase "thriller" in cui ne leggevo circa due a settimana, molti pessimi e pochi meritevoli, tra quest'ultimi ci inserisco sicuramente il libro di Michael Connelly che a sua volta mi ha fatto scoprire l'Edgar Allan Poe poeta. Ricordo che ordinai in libreria il sequel - Il poeta è tornato - e lo attesi per due mesi. Quando finalmente lo lessi mi piacque tanto quanto un calcio negli stinchi. 


Cuore d'inchiostro (e i sequel Veleno d'inchiostro e Alba d'inchiostro) di Cornelia Funke

L'unica trilogia fantasy che ho amato e che ho intenzione di rileggere. Anche in questo caso lo sanno anche le pietre che non amo il fantasy, ma i libri delle Cronache del ghiaccio e del fuoco di George R. R. Martin sono un mio personale divertissement che intrattiene e stuzzica. 


I libri di Harold Bloom

Per chi non lo conoscesse Harold Bloom è il più grande critico letterario vivente. Leggendo i suoi libri ho conosciuto autori divenuti in seguito per me fondamentali. Se c'è un critico letterario che fa critica e la rende arte allora quel critico è proprio lui. Importante: le tre cose che deve avere una poesia per essere degna di tale nome sono potenza cognitiva, saggezza e splendore estetico. 

Buona lettura

Denny B.

venerdì 18 aprile 2014

Scrivenny 2.0 recensito da Storie di ordinaria BlogMania

Credetemi: recensendo film e libri sul mio blog non ho mai pensato che un dì il mio blog venisse a sua volta recensito. Ci ha pensato Raffaella Milione, padrona di casa di  Storie di ordinaria BlogMania dove recensisce i nostri spazi vitali, appunto i blog. Senza indugio io vi invito a leggere la sua recensione cliccando sul seguente link:



Ci tenevo solo a ringraziarla per la gentilezza, disponibilità e simpatia dimostratami. E per le parole deliziose indirizzate al mio blog e all'autore.  


Denny B.

mercoledì 16 aprile 2014

Cosmopolis: capolavoro o esclamazione fantozziana?

Cosmopolis


★★

I film che spaccano in due la critica e creano dibattiti accesi e febbricitanti o spenti e borbottanti mi sono sempre piaciuti. E ancora di più quando mi crogiolo nel mezzo ascoltando i pareri delle due parti opposte annuendo ogni tanto o scuotendo fortemente la testa. La domanda di oggi verte sull'ultimo film di David Cronenberg uscito nel 2012 che ho rivisto proprio qualche giorno fa in occasione di un vuoto filmico mattiniero. Ricordo che all'epoca lo definii "un orribile straccetto per bidet". Giudizio senz'altro esagerato, direte voi; ora come ora lo definirei in maniera differente, ma senza innalzarlo agli onori cinematografici destinati a ben altri film. 


Il miliardario ventottenne Eric Packer (Robert Pattinson) decide di recarsi dal barbiere dall'altra parte della città di Manhattan per farsi aggiustare il taglio; ma quel giorno vi è la visita del Presidente degli Stati Uniti d'America che costringe il traffico a procedere a passo d'uomo e ci potrebbero essere delle minacce di vario genere rivolte sia al Presidente sia agli speculatori di Wall Street e tumulti e proteste da parte degli anarchici che sventolano bandiere e topi morti mentre nella sua limousine insonorizzata Eric scommette sul crollo dello Yuan. 


I personaggi di Cosmopolis parlano per enigmi, alcuni sono eretti e impenetrabili come intelligenze artificiali, non si muovono e quando lo fanno paiono innaturali, poi c'è una donna sudata e ansimante dopo la sua corsa mattutina quando non so come abbia fatto a correre nel traffico che si è creato per la visita del Presidente e per il funerale di una rock star la cui musica Eric aveva all'interno di uno dei suoi ascensori privati. Eric è un giovane miliardario arricchitosi grazie alle sua capacità di analisi dei mercati azionari mondiali ed è sicuro che quel giorno lo Yuan crollerà, glielo assicurano anche i suoi analisti, giovani quanto lui, che smanettano tablet dai monitor luminosi. Eric è sposato con una giovane e ricca ereditiera che pare essersi accorta solo ora che suo marito ha gli occhi blu e i loro discorsi sono brandelli di monologhi rivolti più a se stessi che alla persona che hanno davanti e questo è riscontrabile in tutto il film. "Vorrei un eliporto sul tetto" esordisce, per poi dire subito dopo "Quando rifaremo sesso?". Ed è così strano: non si riesce a immaginarli insieme queste due pallide sagome in questa città di cui solo pochi dettagli sfilano al di fuori dei finestrini fumé della limousine. Se davvero hanno avuto dei rapporti sessuali lui sarà stato tutto il tempo ad ammirarsi allo specchio come Christian Bale in American Psycho


Si può dire che la vita di Eric si svolge dentro la sua limousine: riunisce e discute con i suoi collaboratori, fa un sesso distaccato con una donna quarantenne che continua a ripetergli che non può acquistare una cappella patrimonio di tutti ("E' mia se la compro"), piange abbracciato a un gigante di colore e si fa il check-up giornaliero con annesso esame della prostata (scoprendo poi che è asimmetrica) mentre si crea tensione sessuale tra lui, scoperto e indifeso, e una sua amica che rischia di sbriciolare la bottiglia d'acqua stretta in mezzo alle gambe. La limousine passa in mezzo alla protesta, non sono state prese dovute misure di sicurezza, e viene presa di mira dagli anarchici che la dipingono e la sporcano, ma lui non sente nulla essendo isolata acusticamente. Come il film, che non si lascia sentire e non vi permette di seguirlo. 


Cosmopolis è registicamente ineccepibile. Dal punto di vista del montaggio, della fotografia e persino degli attori è un film inattaccabile. Robert Pattinson in mano a Cronenberg risulta quasi un attore e ti fa quasi dimenticare il suo vegetare nella saga di Twilight. L'omonimo libro da cui è tratto il film è stato scritto da Don DeLillo, uno dei più grandi scrittori contemporanei (autore di capolavori quali Underworld e Rumore bianco); un libro per nulla riuscito, scritto da un DeLillo consapevole di essere uno scrittore grandioso. Ricordo sempre con un sorriso le parole di una stimata blogger che nella sua recensione del libro scrisse "Cosmopolis è l'autofellatio di Don DeLillo". Forse queste parole possono valere anche per David Cronenberg. Troppi gli interrogativi che sorgono attorno alla trama, e non stimolanti riflessioni sul futuro monetario: come fa Eric a sapere sempre dov'è la moglie? e perché dopo essersi fatto tagliare solo il lato destro dal barbiere accompagna l'autista in un garage dove, dato un botto improvviso, s'ipotizza che la limousine sia esplosa? Come faceva l'uomo intenzionato a ucciderlo a sapere che Eric si sarebbe trovato proprio in prossimità di quel garage? Perché Eric si spara a una mano?  



"Dove vanno tutte queste limousine di notte?", si chiede il protagonista. E io mi chiedo: dove va questo film nella mente dello spettatore? Nelle remote regioni del dimenticatoio? o nei campi in cui il tempo serva come da fertilizzante al fine di far crescere risposte e riflessioni adeguate? Rispondete - e non per enigmi, per favore.

Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):

Titolo originale: Cosmopolis
Lingua originale: Inglese
Paese di produzione: Canada, Francia, Italia, Portogallo
Anno: 2012
Durata: 105 min
Generedrammatico
Regia: David Cronenberg
Soggetto: Don DeLillo
Sceneggiatura: David Cronenberg
Produttore: David Cronenberg Joseph Boccia Paulo Branco Martin Katz
Scenografia: Arvinder Grewal

Interpreti e personaggi:
Robert Pattinson: Eric Packer
Samantha Morton: Vija Kinsky
Jay Baruchel: Shiner
Paul Giamatti: Benno Levin
Kevin Durand: Torval
Juliette Binoche: Didi Fancher
Sarah Gadon: Elise Shifrin
Mathieu Amalric: Andre Petrescu
Emily Hampshire: Jane Melman
George Touliatos: Anthony
Patricia McKenzie: Kendra Hays
Philip Nozuka: Michael Chin

Doppiatori italiani:
Stefano Crescentini: Eric Packer
Ilaria Stagni: Vija Kinsky
Flavio Aquilone: Shiner
Massimo Rossi: Benno Levin
Loris Loddi: Torval
Franca D'Amato: Didi Fancher
Federica De Bortoli: Elise Shifrin
Nanni Baldini: Andre Petrescu
Alessia Amendola: Jane Melman
Dario Penne: Anthony
Francesca Fiorentini: Kendra Hays
Davide Perino: Michael Chin


Denny B.

lunedì 14 aprile 2014

Stoker: la perdita dell'innocenza secondo Park Chan-wook

Stoker


★★★½


India (Mia Wasikowska) è una ragazza introversa e solitaria la cui vita, il giorno del suo diciottesimo compleanno, viene sconvolta dalla notizia della morte del padre Richard (Dermot Mulroney) a causa di un incidente stradale. India rimane a vivere insieme alla madre Evelyn (Nicole Kidman) con la quale non ha mai avuto un bel rapporto. Dopo il funerale Charlie (Matthew Goode), il fratello del defunto, si trasferisce a casa delle due donne per offrire supporto emotivo e aiutarle a superare questo momento tragico. Ma dei strani avvenimenti e comportamenti rendono India sempre più schiva nei confronti della'affascinante zio Charlie.



Stoker di Park Chan-wook è un'erotica e malata storia tensiva non di formazione bensì di distruzione che si diverte a ingannarci e a mostrarci l'altra metà dell'essere umano, quella che annusa l'odore del sangue e si chiede da dove proviene. Il regista coreano divenuto celebre per la Trilogia della Vendetta vola a Hollywood per il suo primo film in lingua inglese e non si vende alle richieste dei produttori padroni, ma mantiene intatta la sua identità di sarto della relativamente giovane e fresca cinematografia moderna. Sì, Park Chan-wook è un sarto e Stoker è un abito d'alta sartoria. 


India è la protagonista del film: un adolescente solitaria che non sorride quasi mai e che passando molte ore a contatto con la natura e i suoi suoni e rumori intuisce di avere un udito molto sviluppato nonché una buone dote di cacciatrice, infatti lo studio del padre è colmo di trofei impagliati. Il padre muore in un incidente stradale e si ritrova all'improvviso a dover vivere in casa sola con la madre, una vedova volubile che cede alle lusinghe e al savoir-faire di zio Charlie, sempre via per lavoro, tornato per dar conforto alla famiglia di suo fratello. 



Charlie ha fascino e sa di averlo. Ma sa anche che una mattina pioverà e porge gentilmente l'ombrello a un India che lo schiva in continuazione, perché segretamente attratta da lui. Charlie prepara piatti deliziosi e non mangia mai quello che ha nel piatto. Il regista ci inganna facendoci credere che Charlie sia in realtà un vampiro. Una sua vittima cadrà tra le braccia della morte dopo che lui le ha affondato la faccia nel collo. Ci fa credere che lui veda in India una sua simile. Lei durante il bacio con un ragazzo gli morde il labbro ed eccitato tenta di violentarla salvo poi essere lui la vittima di un Charlie glaciale che lo immobilizza con la cintura di Richard e dice a India "E' tutto tuo". Qui ho immaginato un rito di svezzamento rosso sangue; invece ancora una volta Chan-wook sorprende e ci mostra quell'altra parte d'umanità di cui parlavo prima. India torna a casa sporca di terra, si spoglia e sotto la doccia si masturba ripensando a suo zio che uccide il ragazzo spezzandogli il collo come fosse un giunco: una scena tanto terribile quanto erotica. Pensiamo solo alle migliaia di persone che si eccitano e si masturbano guardando sui siti porno, sotto un'apposita categoria, scene di violenza più disparate.



Quando dico che Chan-wook è un sarto ho bene in mente la scena più bella del film che è un capolavoro di regia e montaggio. Charlie e India sono sulle scale e hanno un dialogo intrecciato di flashback rivelatori riguardanti un Charlie infante che invidioso del rapporto che Richard aveva col piccolo Jonathan lo uccide e poi un Charlie divenuto adulto e uscito dall'istituto psichiatrico che uccide il suo ultimo fratello perché non aveva intenzione di portarlo a casa sua a fargli conoscere la sua famiglia ma soprattutto la giovane India alla quale inviò centinaia di lettere d'amore e il regista rende l'angoscia un'immagine indelebile: un bambino innocente che fa l'angelo sulla sabbia dove ha sotterrato il suo fratellino per mera invidia. Una sequenza d'immagini da mostrare nelle scuole di regia cinematografica. 



E dopo l'angoscia vi è l'immagine dolce e delicata dello zio che toglie le scarpe da ginnastica di India e le fa indossare i tacchi che le ha regalato per il suo compleanno. Stoker non è nient'altro che questo: il sensuale e insolito accorgimento di essere una donna; di essere una omicida. Dopo aver lasciato la sua casa con ancora il parquet macchiato del sangue dello zio lei è libera e deciderà d'ora in poi - ricordando il monologo iniziale - di che colore colorare i fiori: col rosso degli uomini. 


Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):


Titolo originale: Stoker
Paese di produzione: USA, Regno Unito
Anno: 2013
Durata: 99 minuti
Generethriller, drammatico
Regia: Park Chan-wook
Sceneggiatura: Ted Foulke
Produttore: Michael Costigan
Produttore esecutivo: Tony Scott, Ridley Scott
Casa di produzione: Scott Free Productions, Fox Searchlight Pictures, Indian Paintbrush
Fotografia: Chung-hoon Chung
Montaggio: Nicolas De Toth
Musiche: Clint Mansell e Philip Glass (piano music)
Scenografia: Thérèse DePrez

Interpreti e personaggi:
Mia Wasikowska: India Stoker
Nicole Kidman: Evelyn Stoker
Matthew Goode: zio Charlie Stoker
Dermot Mulroney: Richard Stoker
Jacki Weaver: zia Gwendolyn "Gin" Stoker
Lucas Till: Chris Pitts
Alden Ehrenreich: Whip Taylor
Phyllis Somerville: Mrs. McGarrick

Doppiatori italiani:
Valentina Mari: India Stoker
Chiara Colizzi: Evelyn Stoker
Francesco Bulckaen: zio Charlie Stoker
Francesco Prando: Richard Stoker
Vittoria Febbi: zia Gwendolyn "Gin" Stoker
Paola Giannetti: Mrs. Garrick

Denny B.


venerdì 11 aprile 2014

Nymphomaniac Vol. 2: lo squallore ha finalmente il suo giusto film

Nymphomaniac Vol. 2



Cercherò di mantenere un tono calmo finché potrò, mi scuso anticipatamente se deciderò di pubblicare la recensione di Nymphomaniac Vol. 2 senza tagli e censure da parte del mio io galante. Nella seconda parte del film porno Joe continua il suo racconto farcito di peripezie sessuali e vi avverto che ci saranno spoiler perché è mia intenzione raccontarvi il film per farvi passare la voglia, se ne avete, di assistere a questo spettacolo degradante per chiunque ami il cinema e lo rispetti.


Alla fine della prima parte avevamo lasciato Joe priva di provare piacere e veniamo a conoscenza del fatto che a soli dodici anni aveva avuto un orgasmo che gli ha provocato una visione mistica e blasfema secondo le tante noiose lezioncine di Selingman che scopriamo essere ancora vergine e addirittura asessuale. Ecco perché non si eccitava durante il racconto. Lui è innocente ed è un giudice senza preconcetti. Joe e Selingman: due opposti che s'incontrano. Se il danese si fosse fermato qui mi avrebbe risparmiato il fragore pericoloso delle coronarie. 


Ma tra una copulazione e l'altra la giovane Joe (che riesce a infilarsi nella vagina una dozzina di cucchiai da dessert) e Jerome hanno un bambino, ma neanche il doversi prendere cura di una creatura meravigliosa riesce a stoppare la sua fame d'orgasmo e l'inutile marito, che non riesce più a saziarla come dovrebbe, le propone di farsi pure degli amanti e di sicuro non se lo fa ripetere due volte, addirittura - ed entra in scena Charlotte Gainsbourg - chiede a un interprete di domandare a un nero se vuole andare a letto con lei. Quando si recherà al luogo dell'incontro non ne troverà solo uno bensì due neri possenti e dotati (e già me le vedo ALCUNE donne letteralmente in visibilio con le mutande in mano a mo' di lazzo come se non avessero mai visto un cazzo eretto in vita loro) che litigheranno non si sa bene su cosa, forse a chi doveva andare il primo buco o il secondo, ma non è importante, come il film nella sua interezza.



L'esplorazione è tutto per una ninfomane e Joe non si fa mancare l'incontro con un sadico che dopo vari dubbi decide di farla entrare nel suo sancta sadicorum dove un'attenta procedura fatta di lacci strettissimi e frustini imbevuti di una sostanza non identificata gli fa capire che non è ancora pronta, che è molto meglio vedersi giovedì. Devo chiedere perché, davvero? non mi interessa, grazie. Si rivedono giovedì e potete immaginare lo svolgersi dello show sadomaso che si ripete nei giorni a venire fino a quando in un momento di follia egocentrica Trier si cita da solo, copia la sua stessa merda dal nome Antichrist, ci fa credere che il bambino lasciato solo a casa si lasci attirare dalla finestra aperta e che si lanci nel vuoto sulle note di Lascia ch'io pianga. Siamo arrivati a questo punto, signori miei. E non è neanche il passo peggiore, vi avverto. 



Decisa a farsi punire per il rischio che il bambino a corso a casua della sua negligenza si reca dal sadico che la accontenta con ben quaranta frustate con un frustino che lei stessa aveva prodotto. Se non avete visto questa scena non potete capire lo squallore che il regista tocca con piacere del tutto personale. Ma non sono ancora arrivato al punto di esplodere e vi comunico che in seguito Joe si infila in un giro di riscossioni illegali, fa da madre e da amante (il lesbismo mancava) a una ragazzina con un orecchio deforme a cui insegna il suo lavoro, che la ripagherà andando a letto con il suo ex marito Jerome, scoperta che la porterà ad armarsi di pistola e a tendere un agguato proprio ai due innamorati, ma scherzo del destino o più semplicemente sbadataggine (si è scordata, povera impedita, di levare la sicura) la pistola non spara e Jerome ne approfitta per 1) picchiarla 2) farsi sotto i suoi occhi la ragazzina dandole gli stessi affondi che diede la prima volta a Joe 3) godersi la vista della ragazzina che piscia addosso al corpo di Joe. Vi evito i dieci minuti finali ma sappiate che sono quanto di più schizofrenico io abbia mai visto. 



I personaggi di Trier non sono altro che macchie informi che vegetano da un punto all'altro della trama parlando con parole che non riconoscono come loro nel momento stesso in cui le pronunciano. E la regia da-filmino-del-matrimonio del danese non mette in salvo neanche mezzo fotogramma di questo cesto di alghe putrescenti che è il suo ultimo film che provocherà un grave danno: farà credere ai registi di film porno e pure a quelli amatoriali di essere portati per una professione così importante e nobile come quella del regista. Non immagino la fila che hanno fatto gli attori per lavorare in questo film. Hanno scopato dietro stipendio e inoltre sono considerati attori privi del suffisso porno.  


Insomma, dopo averlo visto nella sua interezza posso affermare con totale sicurezza che Nymphomaniac è lo squallore fatto film; una mediocrità repellente e abominevole e non vorrò avere niente a che fare con gli individui che dopo la visione gli affibbieranno con fervore febbricitante il nome di "opera d'arte". Se questo è il cinema del futuro che deve provocare a ogni costo utilizzando il nulla che provochi grandi emozioni se non appunto repulsione e squallore allora mi rifiuto di vedere e partecipare a questo futuro disastroso per un'arte che non accoglierà mai tra le proprie calde braccia la filmografia di questo mediocre sadico nazista arrapato che risponde al nome di Lars Trier. 




Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):


Titolo originale: Nymphomaniac
Lingua originale: inglese
Paese di produzione: Danimarca, Germania, Regno Unito, Belgio
Anno: 2013
Durata: 240 min
330 min (versione estesa)
Generedrammatico, erotico
Regia: Lars von Trier
Soggetto: Lars Von Trier
Sceneggiatura: Lars von Trier
Produttore: Marie Cecilie Gade, Louise Vesth, Bettina Brokemper, Bert Hamelinck, Marianne Slot
Produttore esecutivo: Peter Garde, Peter Aalbæk Jensen
Casa di produzione: Zentropa, Heimatfilm, Film i Väst, Slot Machine, Caviar Films, Concorde Filmverleih, Artificial Eye, Les Films du Losange, European Film Bonds
Distribuzione (Italia): Good Films
Fotografia: Manuel Alberto Claro
Montaggio: Molly Marlene Stensgaard
Effetti speciali: Erik Zumkley
Scenografia: Simone Grau
Costumi: Manon Rasmussen
Trucco: Dennis Knudsen, Astrid Weber

Interpreti e personaggi:
Charlotte Gainsbourg: Joe
Stacy Martin: giovane Joe
Stellan Skarsgård: Seligman
Christian Slater: padre di Joe
Uma Thurman: Mrs. H
Willem Dafoe: L
Shia LaBeouf: Jerôme
Jamie Bell: K
Connie Nielsen: madre di Joe
Udo Kier: cameriere
Caroline Goodall: psicologa
Jesper Christensen: zio di Jerôme
Jean-Marc Barr: debitore gentiluomo
Jens Albinus: Sig. S

Doppiatori italiani:
Claudia Catani: Joe
Erica Necci: giovane Joe
Rodolfo Bianchi: Seligman
Vittorio Guerrieri: padre di Joe
Chiara Colizzi: Mrs. H
Davide Perino: Jerôme
Pierluigi Astore: Sig. S

Denny B.