Ho deciso di partecipare anch'io a questa simpatica e vergognosa iniziativa del cannibale padrone di Pensieri Cannibali che ci vede impegnati a sventolare ai quattro venti i nostri panni sporchi ovvero quei film che pur essendo delle ciofeche allucinanti o film del tutto dimenticabili ci sono piaciuti e che in segreto riguardiamo o che negli anni in cui la coscienza critica era in vacanza alle Maldive avevamo giudicato positivamente. Quindi senza indugio ecco la lista dei miei dieci film vergogna - e siate buoni con gli insulti.
- Godzilla (1998)
Uno dei film della mia infanzia. Una ciofeca allucinante dal punto di vista recitativo (si salva solo Jean Reno), ma che vidi molte volte attendendo un sequel da un momento all'altro: nel 2015 ci sarà finalmente il nuovo film incentrato sull'iguana gigante.
- Fuochi d'artificio (1997)
Lanciatemi tutto, ma non i pomodori che macchiano. Mi è rimasta impressa la scena in cui Massimo Ceccherini sulla vespa per un breve tragitto canta "Dammi il tuo nome, non chiedermi niente" a un Pieraccioni imbronciato.
- Grizzly falls - In fuga con l'orso (1999)
Sconosciuto ai più, io e la mia famiglia l'abbiamo visto chissà quante volte e dovrei avere da qualche parte la videocassetta su cui l'ho registrato.
- Vacanze di Natale 2000 (1999)
Stesso discorso di prima: tutto tranne i pomodori. Una trashata allucinante con una bellissima Megan Gale. Se fossi costretto a riguardare un cinepanettone sceglierei questo.
- 2 Fast 2 Furious
Ciofeca tamarra glitterata, l'unico film della saga (recensita tutta dal sottoscritto) che ho rivisto più volte. Causa la presenza della bonita Eva Mendes? Po' esse.
- Il ragazzo di campagna (1984)
Non si può non amare questo film. Ricordo tutt'ora diverse scene memorabili: quando i vecchi del paese prendono le sedie e vanno a godersi lo spettacolo del treno che passa; o quando Artemio (Renato Pozzetto) lancia la scarpa al gallo che l'ha svegliato o quando sua madre gli taglia le unghie e partono da tutte le parti provocando danni. Insomma, è un mio personale cult.
- Licenza di matrimonio (2007)
Commedia romantica leggerissima con Robin Williams nella parte dell'eccentrico Reverendo Frank.
- Serafino (1968)
Film con Adriano Celentano. Una sola scena e una sola battuta: "Ehi Zia, hai i piedi freddi". Il mattino dopo scopre che è morta.
- Number 23 (2007)
Dopo averlo visto guardo il cellulare per controllare l'ora: 23:23. Non sono impazzito come il protagonista, per fortuna.
- Al di là dei sogni (1998)
Nota diabetica per terminare questa lista. Non ci sarebbe nulla di cui vergognarsi perché è un ottimo film con effetti speciali premiati con l'Oscar, però lo ammetto: non lo riguarderei per non riprovare il magone che mi ha causato la prima visione. Voi provateci, però.
Con l'arrivo del nuovo anno auspicavo l'uscita di film che mi facessero provare quel sano brivido d'eccitazione tra le scapole come solo le grandi opere d'arte riescono a darti, parafrasando Nabokov, e libri così ne ho letti, ve ne parlerò, ma di film non ancora, seppur Dallas Buyers Club sia bellissimo; poi è uscito nelle nostre sale The Wolf of Wall Street, l'ultimo lavoro di Martin Scorsese e vuoi che è uno dei miei registi preferiti, vuoi che imprescindibile per ogni cinefilo che si rispetti l'aver visto almeno Quei bravi ragazzi e Toro scatenato, vuoi che la sceneggiatura è opera del genio di Terence Winter e vuoi che Leonardo DiCaprio si è guadagnato la sua ennesima nomination all'Oscar, sono letteralmente corso a vederlo serbando grandi aspettative nel cuore di cellulosa.
"Bitch, please!"
1987: Jordan Belfort (Leonardo DiCaprio) è un apprendista broker a Wall Street sotto la guida dell'eccentrico Mark Hannah (Matthew McConaughey) che gli darà le dritte per guadagnare sul serio in questo mestiere: cocaina, masturbazione e alcol. Però, il giorno della sua assunzione come broker, si verifica il cosiddetto Lunedì nero, in cui la borsa crolla causando la chiusura della società per cui lavora. Spinto dalla moglie Teresa decide di provare a lavorare in un modesto call center che si occupa della vendita di azioni quotate pochissimo e qui, grazie al suo stile aggressivo, da squalo, riesce a guadagnare sempre più denaro; un giorno incontra Donnie Azoff (Jonah Hill) con cui decide di aprire una sua società, assieme a diversi venditori e spacciatori di droga, chiamata Stratton Oakmont Co. che farà la sua enorme fortuna portandolo a guadagnare milioni e milioni di dollari al giorno e a vivere la sua vita al massimo, con ville, yacht, jet privati, elicotteri, droga, alcol, escort e una moglie biondissima, fino a quando l'FBI non comincia a mettere il naso nei suoi affari tutto fuorché puliti.
La figa ci rovinerà.
Passerei molto volentieri a scrivere per tutta la recensione la frase "correte a vederlo" come un Jack Torrance impazzito, ma poi avrei meno visualizzazioni di quanto non ne abbia già, quindi tenterò di mettere assieme delle frasi di senso compiuto per il bene vostro e per omaggiare a dovere il maestro. The Wolf of Wall Street è la commedia sfrenata, sfrontata, esagerata, oscena ed esilarante che Scorsese non vedeva l'ora di girare. Nella sua filmografia mancava proprio una commedia e quale occasione ossimorica migliore di questa - periodo di crisi nera - per far uscire l'adattamento cinematografico della biografia dell'esistente Jordan Belfort, broker finanziario e yuppie degli anni '80 che ha truffato milioni di persone al fine di riempire le sue tasche di verdi dollari americani?
"Leo, sei sempre figo, ma fattene una ragione: stai proprio
invecchiando. C'hai pure la panza."
"Senti chi parla, panzone occhialuto."
In The Wolf of Wall Street tutto quanto è esagerato: vediamo Leonardo DiCaprio lanciare un nano in ufficio, sniffare cocaina dal culo di una escort, sdraiato supino con una candela accesa ficcata nell'ano, cadere in piscina rischiando una brutta slogatura della caviglia, lanciare aragoste e dollari contro agenti dell'FBI, ingoiare pillole come fossero caramelle mou, e strisciare strafatto come un verme fino alla sua auto. E' tutto un tripudio gaudente di seni ballonzolanti e glutei sodi e su e giù di teste di donne vogliose che aprono le gambe come caselli autostradali in una ricca e fiorente fiera delle vanità e del sex-drugs-and-music.
"Sapete una cosa? La candela nel culo mi è pure piaciuta."
Leonardo DiCaprio è folle e favoloso, indimenticabile la scena in cui insegna ai suoi collaboratori come accalappiare i clienti citando Moby Dick di Melville e mimando gesti di pesca estremi o quando litiga con la moglie che gli getta per tre volte dell'acqua addosso, solo per citarne qualcuna: dopo quest'interpretazione cosa potrà ancora inventarsi per posare su di sé l'attenzione delle mummie accademiche che gli preferiranno il meraviglioso McConaughey che in questo film ha una piccola parte degna di assoluta e godibile nota (quando di preciso si è svegliato volendo fare l'attore?); personalmente quest'anno farei una importante eccezione: darei l'Oscar a tutti e due. Incassa una nomination come attore non protagonista il pacioccone rosso de cavei Jonah Hill che si è rivelato una spalla perfetta per Leo (mangia persino un pesce rosso vivo).
"Questa sceneggiatura merita almeno tre Oscar!"
Ma il grande merito della spettacolare riuscita del film non è solo della regia perfetta di Scorsese e delle interpretazioni dell'intero cast, ma sopratutto della frizzante sceneggiatura da Oscar (deve vincerlo) di Terence Winter (per chi non lo conoscesse è lo sceneggiatore di moltissimi episodi della serie tv capolavoro I Soprano e creatore e produttore del gioiellino Boardwalk Empire) costellata di dialoghi memorabili e situazioni da lacrime agli occhi a furia di ridere, come quando viene descritto l'irascibile padre di Jordan, ad esempio, o il momento fottutamente epico in cui durante un salvataggio in mare risuona Gloria di Umberto Tozzi.
"Tante care cose, stronzi."
The Wolf of Wall Street è uno dei migliori film che potrete vedere quest'anno nonché il miglior Scorsese degli ultimi dieci anni. Non mi arrischio a definirlo un capolavoro, anche se vorrei, ci vogliono ancora almeno altre due visioni e solo il tempo e il rinnovato brivido di cui sopra potrà confermarcelo. Per una volta siate agnelli e fatevi mordere al collo dal lupo: piacere garantito. Ultima nota: doppiaggio splendido; Francesco Pezzulli si conferma uno dei più bravi doppiatori in circolazione.
Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):
Titolo originale: The Wolf of Wall Street Lingua originale: inglese Paese di produzione: Stati Uniti d'America Anno: 2013 Durata: 179 min Genere: biografico, drammatico, commedia nera Regia: Martin Scorsese Soggetto: Jordan Belfort (autobiografia The Wolf of Wall Street) Sceneggiatura: Terence Winter Produttore: Martin Scorsese, Leonardo DiCaprio, Riza Aziz, Joey McFarland, Emma Tillinger Koskoff Produttore esecutivo: Irwin Winkler, Alexandra Milchan, Georgia Kacandes Casa di produzione: Appian Way, EMJAG Productions, Red Granite Pictures, Sikelia Productions Distribuzione (Italia): 01 Distribution Fotografia: Rodrigo Prieto Montaggio: Thelma Schoonmaker Effetti speciali: Stephen Powers Musiche: Howard Shore Scenografia: Bob Shaw Costumi: Sandy Powell Trucco: Jill Astmann, Francesca Buccellato, Sian Grigg, Brenna McGuire, Mary McNamara, Donyale McRae, Rosemary Redlin Interpreti e personaggi: Leonardo DiCaprio: Jordan Belfort Jonah Hill: Donnie Azoff Margot Robbie: Naomi Lapaglia Matthew McConaughey: Mark Hanna Jean Dujardin: Jean-Jacques Saurel Rob Reiner: "Mad" Max Belfort Jon Favreau: Manny Riskin Cristin Milioti: Teresa Petrillo Jon Bernthal: Brad Kyle Chandler: Patrick Denham Ethan Suplee: Toby Welch Shea Whigham: Capitano Ted Beecham Spike Jonze: Dwayne Chris Riggi: Broker al party Joanna Lumley: Zia Emma Christine Ebersole: Leah Belfort Jake Hoffman: Steve Madden Doppiatori italiani: Francesco Pezzulli: Jordan Belfort Simone Crisari: Donnie Azoff Domitilla D'Amico: Noemi Lapaglia Francesco Prando: Mark Hanna Marco Rasori: Jean-Jacques Saurel Carlo Valli: "Mad" Max Belfort Alessandro Quarta: "Tappetino" Paolo Marchese: Manny Riskin Federica De Bortoli: Teresa Petrillo Roberto Draghetti: Brad Alberto Angrisano: Patrick Denham Andrea Lavagnino: Toby Welch Fabrizio Pucci: Capitano Ted Beecham Aurora Cancian: Zia Emma Andrea Mete: Steve Madden
Lee Gneum-ja (Lee Young Ae) a vent'anni viene accusata del rapimento e uccisione di un bambino, crimine che lei stessa confessa dopo essere stata ricattata dal vero rapitore. Dopo aver scontato tredici anni di carcere comportandosi come una santa, sempre disponibile ad aiutare le donne rinchiuse con lei, esce di prigione e allontana il prete che l'aveva sostenuta con un "Vada a farsi fottere" e mostrando il suo lato più oscuro decide di attuare il suo piano di vendetta, andando a riscattare i favori dalle persone che aveva aiutato, al fine di rendere giustizia alle numerose vittime dell'uomo che l'aveva ricattata.
La Trilogia della Vendetta è ora completa. Park Chan-wook voleva riconciliarsi con se stesso, non riusciva a dormire sonni tranquilli pensando alla spirale di odio e violenza e rabbia contenuta in Old Boy e da qui è nato Lady Vendetta, lo spietato e delicato ritratto di una donna che espone la vendetta come azione etica e moralmente giusta soprattutto in una delle scene più incredibili del film in qui il regista inquadra tutte le versioni dell'odio, della sete di giustizia personale, con un tocco grottesco dal tono delicatamente ironico.
La parola d'ordine del film è delicato. Se Old Boy è volutamente e spietatamente violento, Lady Vendetta è un film dalla violenza delicata, quasi fragile, che parte dal rifiuto della purezza della dolce Gneum-ja che usa l'ombretto rosso perché la fa sembrare cattiva, che ritrova sua figlia adottata durante la sua carcerazione da una famiglia australiana, e che sogna il momento in cui sparerà con la sua pistola antica all'uomo che le ha distrutto la vita: Mr. Baek.
Mr. Baek, interpretato tra l'altro da Choi Min-sik, sembra la continuazione del personaggio protagonista di Old Boy: una bestia che sopperisce alla noia rapendo e uccidendo bambini di persone facoltose e che durante la cena si alza, si avvicina a sua moglie intenta a mangiare, le alza le sottane e consuma un rapporto sessuale disinteressato e animalesco, mentre lei le comunica faccende di natura domestica.
Se foste in una stanza da soli con l'assassino di vostro figlio legato a una sedia, lo uccidereste o lo consegnereste alle autorità competenti? Il film ci pone di fronte a questo interrogativo lasciandoci libertà di pensiero, spingendoci in nessuna direzione, ma mostrandoci imparzialmente le soluzione del problema. Per quanto Old Boy sia un capolavoro, Lady Vendetta è un pelino del naso sopra: la splendida e commovente scena finale ci offre un orizzonte bianco di speranza, una vita nuova che cresce dalla neve caduta.
Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia): Titolo originale: 친절한 금자씨 Chinjeolhan geumjassi Paese di produzione: Corea del Sud Anno: 2005 Durata: 112 min Genere: drammatico, thriller Regia: Park Chan-wook Soggetto: Park Chan-wook Sceneggiatura: Jeong Seo-Gyeong, Park Chan-wook Fotografia: Chung Chung-Hoon Montaggio: Kim Jae-Beom, Kim Sang-Beom Effetti speciali: Kim Gwan-Su Musiche: Cho Young-Wuk Scenografia: Cho Hwa-Sung Interpreti e personaggi: Lee Young Ae: Lee Geum-ja Choi Min-sik: Mr. Baek Lee Seung-Shin: Park Yi-jeong Go Su-hee: Ma-nyeo Kim Byeong-ok: prete Kim Bu-seon: Woo So-young Nam Il-woo: Ispettore Choi Kim Shi-hoo: Geun-shik Kang Hye-jeong: Annunciatrice TV Doppiatori italiani: Domitilla D'Amico: Lee Geum-ja Roberto Draghetti: Mr. Baek Andrea Mete: Geun-shik
Visto e considerato che dei registi che hanno fatto la storia del cinema uno dei pochi che continua a fare film di tutti rispetto e che riesce a intascare con nonchalance una nomination come miglior regista agli Oscar 2014 è l'immenso Martin Scorsese, al cinema con The Woolf of Wall Street, a noi blogger è sembrato giusto festeggiarlo con uno dei nostri famosi Celebration Day. Questa volta sono arrivato in ritardo e non avendo in questo momento molto tempo a disposizione ho accantonato l'intrigante idea di vedermi L'ultima tentazione di Cristo e ahi voi vi tocca sorbirvi la riproposizione della mia recensione di The Departed - Il bene e il male.
Frank Costello (Jack Nicholson) è un temuto boss della malavita della città di Boston. Sotto la sua protezione cresce un ragazzo, Colin Sullivan (Matt Damon) che vent'anni dopo è una brillante recluta del Massachussetts State Police, inserito nell'unità speciale anticrimine. Nel frattempo Billy Costigan (Leonardo DiCaprio) entra nella polizia di Stato e inserito in un'operazione sotto copertura di cui sono a conoscenza solo il sergente Dignam (Mark Wahlberg) e il comandante Queenan (Martin Sheen) che consiste nell'infiltrarsi nella banda di Costello al fine di incastrarlo.
The Departed - Il bene e il male è il remake rivisitato di Infernal Affairs, film di Honk Kong di successo, che con la sapienza celluloide che contraddistingue il cinema di Scorsese, offre un'attenta analisi dei rapporti umani inserita in un contesto mafioso dove si muovono attori maturi e credibili in ruoli non proprio indimenticabili, salvo Jack Nicholson che rispolverata la sua pazzia - perché lui è pazzo - interpreta un Frank Costello mefistofelico, jokerizzato, si permette di gigioneggiare essendo uno dei pilastri del Cinema, e non si dimenticano i suoi occhi e le movenze assorte in pensieri esperti quando dice a Billy prima di leccare una sorta di patina e sbatterla sul tavolo con la mano ingioiellata "Lo sai che cosa mi piace dei ristoranti? Ti insegna tanto... guardare la gente a tavola".
The Departed - Il bene e il male ha fatto incetta di premi e l'Academy si è decisa a dare finalmente la statuetta dorata a Martin solo perché si erano accorti tardivamente che ne era sprovvisto, come era successo con John Wayne, e scusate se con questo discorso risulto tedioso, scusate se considero questo film un film bello, ben riuscito, ma che non gronda epicità da nessuna inquadratura, che non mi tira fuori dalla gola nessuno raschio urlato e gioioso, che non mi accappona la pelle di cui sono ricoperto, scusate se i miei occhi non fanno l'aola e non rilasciano liquido sentimentale. Buon Martin Scorsese Day a tutti.
Oh Dae-su (Choi Min-sik) è un uomo qualunque di circa 30 anni, ubriaco in una stazione di polizia: fa lo scemo con gli agenti e si mette sulle spalle le ali d'angelo, regalo di compleanno per sua figlia, e prova a volare facendole vibrare mediante il movimento delle spalle, che viene rilasciato grazie al suo amico fattosi vivo per cavarlo d'impiccio, ma all'improvviso, dopo aver parlato con sua figlia da una cabina telefonica, sparisce nel nulla. L'uomo viene rinchiuso in un piccolo appartamento dove solo e senza avere contatti con nessuno tenta più volte il suicidio e architetta un piano per fuggire e per quindici anni non fa altro che guardare la tv, mangiare gli stessi ravioli al vapore, e allenarsi colpendo a pugni il muro, finché un giorno si ritrova sull'attico di un palazzo, frastornato dalla luce del sole, con l'aspetto di una belva tenuta in cattività, inizierà la sua vendetta contro colui che lo ha rapito.
Se in Mr. Vendetta il talento registico covava furente tra le pieghe delle insolite inquadrature e scene di inaspettata violenza e poetica sorpresa in Oldboy Park Chan-wook da libero sfogo a tutto il suo genio, al suo bagaglio culturale costruitosi negli anni e ripassato, immagino, in mesi di dura visione di cinema tarantiniano (e non) in una buia stanza della sua dimora per produrre una simile opera di celluloide che incrina la sensibilità di cui dovrebbe essere dotato lo spettatore.
Oldboy è devastante. Potente. Spietato. Crudele. La vendetta è tratteggiata come unico metodo per arrivare alla verità sulla prigionia di Oh Dae-su e come unico vitale obiettivo per l'antagonista, Woo-jin, che definire malato, cattivo, stronzo, sadico incallito è alquanto riduttivo per un personaggio così diabolico, meno male che ormai le cabine telefoniche sono una rarità, se no le avrei sicuramente evitate come il tiramisù.
Non si può non citare gli attori sopraffini che partecipano a questo film, dal perfido Yu Ji-tae, alla dolce e ignara Kang Hye-jeong, assegnando una nota di merito più che guadagnata al protagonista Choi Min-sik che incarna alla perfezione l'uomo che ubriaco si è dimenticato il compleanno della figlia, che frequenta tutti i ristoranti della città alla ricerca del raviolo al vapore che ha mangiato per quindici anni, che mangia un polpo vivo, che picchia con un martello in una favolosa carrelata coloro che avevano ricevuto l'ordine di rinchiuderlo, l'uomo che non riesce a vendicarsi perché in Oldboy nessuno esce vincitore, tutti escono disumani e corrotti, appartenenti a un'umanità che non è mai stata toccata da sentimenti puri e disinteressati.
Oh Dae-su è il cane scodinzolante che tagliatosi la lingua perpetrerà l'inganno più subdolo creato da Woo-jin, e per quanto il suo forzato e commovente sorriso finale e l'alba sui monti innevati ci offra un rivolo freddo di speranza, sappiamo in cuor nostro che la vendetta lascia una scia dietro di sé difficile da cancellare anche a comando e impossibile da dimenticare proprio come questo film che si siede di diritto nell'Olimpo delle più grandi opere cinematografiche in compagnia di sua sorella minore Lady Vendetta. Un film che lo si guarda una volta: per evitare di soffrire nuovamente le pene dei personaggi.
Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia): Titolo originale: 올드보이 Oldeuboi Paese di produzione: Corea del Sud Anno: 2003 Durata: 120 min Genere: drammatico, thriller Regia: Park Chan-wook Soggetto: Tsujiya Garon, Minegishi Nobuaki Sceneggiatura: Hwang Jo-yoon, Im Joon-hyung, Park Chan-wook Fotografia: Jung Jung-hoon Montaggio: Kim Sang-bum Musiche: Cho Young-wook Scenografia: Yoo Seong-hee Interpreti e personaggi: Choi Min-sik: Oh Dae-su Yu Ji-tae: Lee Woo-jin Kang Hye-jeong: Mi-do Ji Dae-han: No Joo-hwan Oh Dal-su: Park Cheol-woong Kim Byeong-ok: Mr. Han Lee Seung-Shin: Yoo Hyung-ja Yun Jin-seo: Lee Soo-ah Lee Dae-yeon: Beggar Oh Kwang-rok: suicida Oh Tae-kyung: giovane Dae-su Doppiatori italiani: Roberto Draghetti: Oh Dae-su Massimo Lodolo: Lee Woo-jin Ilaria Latini: Mi-do Denny B.
Ryu (Shin Ha-kyun) è un ragazzo sordomuto con strani capelli verde-acqua che per pagare le cure della sorella malata, cerca di vendere un rene a una banda di trafficanti di organi, ma viene puntualmente truffato, quindi decidono di organizzare il rapimento della figlia dell'uomo che ha licenziato Ryu al fine di ottenere una somma di denaro pari a ventisei milioni, necessari per l'operazione al rene di lei. Ma qualcosa andrà storto.
Park-Chan Wook inizia la sua trilogia della vendetta con un film grezzo, frammentato, lento e violento che sfrutta inquadrature dagli angoli più disparati, dove la vendetta viene interpretata come riscatto sociale dai due rapitori e come semplice "occhio per occhio, dente per dente" dal Mr del titolo. Ma tolti i difetti il film è un valido racconto silente e minimalista in cui la mancanza di comunicazione è alla base del fiotto improvviso di una violenza brutale apparentemente giustificata dalla vendetta.
Ryu non riesce a esprimersi se non a gesti, i capelli di un verde speranza sbiadita, ama sua sorella con cui consuma un rapporto sessuale preventivato da tempo nella sua mente, e il suo handicap è la causa del tragico incidente nella scena più bella e commovente del film. Mr. Vendetta invece è un uomo che non ha più nulla da perdere e che si getta in un vortice di violenza non improvvisata e irruenta, ma pianificata: la tortura tramite elettrodi, l'elettricità collegata alla maniglia della porta, i tagli decisi sotto l'acqua gelida del fiume. Per citare infine la vendetta avvenuta e ripetuta nell'incredulità della morte.
Se questo film fosse stato un made in USA, con attori conosciuti al grande pubblico, e diretto magari da uno qualunque, il giudizio sarebbe stato meno entusiasta? Forse sì. Il fatto che sia stato realizzato da un regista sudcoreano che era alle prime cineprese con attori che per via dei lineamenti possono apparire a noi tutti uguali tra loro in un paese che non ha capito subito il suo talento, che ha avuto, come sempre, bisogno del consenso straniero per emergere, lo rende un film meritevole del mio entusiasmo, che crescerà in modo esponenziale con i suoi successivi lavori: il devastante Old Boy e l'artistico Lady Vendetta.
Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia): Titolo originale: 복수는 ë‚˜ì˜ ê²ƒ Boksuneun naui geot Paese di produzione: Corea del Sud Anno: 2002 Durata: 129 min Genere: drammatico, thriller, azione Regia: Park Chan-wook Soggetto: Park Chan-wook Sceneggiatura: Lee Jae-sun, Lee Mu-yeong, Lee Yong-jong, Park Chan-wook Fotografia: Kim Byeong-il Montaggio: Kim Sang-Beom Scenografia: Choe Jung-hwa Interpreti e personaggi: Song Kang-ho: Park Dong-jin Shin Ha-kyun: Ryu Bae Du-na: Cha Yeong-mi Lim Ji-Eun: sorella di Ryu Han Bo-bae: Yu-sun Kim Se-dong: capo dello staff Le Dae-yeon: Choe Doppiatori italiani: Francesco Prando: Park Dong-jin Angelo Maggi: Ryu Luca Biagini: Choe Denny B.
Mary Bedford (Mischa Barton) è una quindicenne che viene mandata da suo padre, risposatosi dopo la morte di sua moglie, in un collegio femminile situato in una zona verde e tranquilla del Canada. Qui Mary fa la conoscenza delle sue due compagne di stanza: la ribelle Pauline Oster (Piper Perabo) e la dolce Victoria Moller (Jessica Paré) che una mattina presto sorprende sul terrazzo di un edificio del collegio a baciarsi appassionatamente e Mary, nella sua ingenuità, crede che stiano esercitandosi per uscire con i ragazzi; ma più passa il tempo e più si accorge che le due ragazze sono le protagoniste di un'intensa storia d'amore destinata a interrompersi forse troppo presto.
L'altra metà dell'amore è un film sull'adolescenza e come tale è ricco di idealismo, di concetti immortali come l'amore, la vita, la libertà; è un film ricco di poesia epica e folle che scuote la terra, come il personaggio interpretato splendidamente da Piper Perabo che è un concentrato ribelle di anima shakespeariana che ama, che non si arrende all'Apocalisse dei sentimenti, che vuole volare libera come una poiana (quella che trova in mezzo al sentiero e di cui si prenderà cura) e che ci riesce dopo essersi cancellata dal mondo di cui voleva solo una cosa: Victoria - la sua amata.
La regia del film, minimalista ma dal tocco delicato, in un primo momento è come se fosse gli occhi della piccola Mary: noi vediamo quello che vede lei, condividiamo la sua iniziale ingenuità di fronte al bacio mattutino delle due ragazze, vaghiamo sperduti nel collegio dove le uniche insegnanti che parlano e interagiscono con le protagoniste sono donne adulte (si può presumere che abbiano una storia), la rassicurante figura materna Eleanor Bannet, insegnante di Letteratura, e la professoressa di matematica Fay Vaughn, e interagiamo con il giardiniere, l'unico personaggio maschile positivo che prende le sembianze di un consigliere giusto e ironico che semina poche parole, ma buone.
Siamo gli spettatori di una storia d'amore inizialmente idilliaca e che diverrà a causa di un ineluttabile colpo gobbo del destino una tragedia che permea il conformismo familiare di Victoria (soprannominata Tory) e strazia l'anima fragile di Pauline. Loro due si amano, sanno entrambe che non ameranno mai più nessuno con la stessa intensità, ma Tory è la figlia prediletta di una famiglia dell'alta borghesia, molto religiosa e ben pensante, che non l'accetterebbero mai se fosse lesbica, mentre Pauline è una ragazza adottata che vorrebbe incontrare la sua vera madre, che se ne frega delle convenzioni sociali e di ciò che potrebbero pensare gli altri, e che è disposta a tutto pur di riavere Tory quando quest'ultima decide di lasciarla in quel bacio dove Pauline avrebbe desiderato dimorare per sempre sulle labbra dell'amata, perché Tory, la più dolce e "indifesa" della coppia, è in verità la componente forte: è lei che conduce il gioco del sesso nella cortissima e per nulla scandalosa scena di nudo; è lei che abbraccia Pauline quando le dice che non può passare l'estate con lei; è lei che la bacia dopo essersi lavata i capelli; lei è l'unica che può toccare Pauline, l'unica che abbia l'abbia mai amata veramente. E' comprensibile che Pauline si senta persa e impazzisca d'amore e diventi la protagonista di scene indimenticabili che non posso non citarvi (se non avete mai visto il film magari fermatevi qua, anche se non sono spoiler ciò che vado a elencare).
Pauline e Mary sono le protagoniste di uno dei dialoghi più belli che io ricordi:
Mary: Pauline, ascoltami, Tory non è una lesbica, perciò tu cerca di dimenticartela, okay?
Pauline: Lesbica? Che cazzo ti salta in mente, credi che io sia lesbica?
Mary: Sei una donna innamorata di una donna, no?
Pauline: No, ascoltami bene. Io sono Pauline, che è innamorata di Tory. Non ti sbagliare. E io so che Tory è innamorata di me, e nessuna delle due è lesbica!
Basterebbe solo questo per chiuder qui, ma non posso non citarvi la fenomenale scena in cui Pauline entra in biblioteca in tenuta da scherma, sale sul tavolo dove sta studiando Tory, le cita versi del Bardo reinterpretandoli "Io mi farò una capanna di giunchi al tuo cancello. E con l'anima entrerò nella tua casa. Comporrò dei madrigali al condannato amore, e te li canterò ad alta voce tutte le notti. Esalterò il tuo nome alle riecheggianti colline finché non risuonerà in tutto l'aere un grido solo: Victoria!" e quando la professoressa Fay la tocca per farla scendere dal tavolo lei si volta di scatto e impaurita sussurra "Non si tocca un rapace".
E mi perdonerete, spero, se io allargo le braccia pienamente soddisfatto durante la scena più iconica del film in cui sempre lei, Pauline, la bravissima Piper Perabo, si presenta alla festa vestita da uomo, con completo nero a righe bianche e i capelli lunghi impomatati tirati all'indietro, e chiede al padre di Tory se può ballare con sua figlia, e ci balla comunque contro il suo volere, ribadendole che lei la ama come amante non come amica e che vuole sentirglielo dire, ma Tory niente, e alla fine Pauline fugge in lacrime nel bosco.
Io amo questo film, l'avrete capito. Se fossi stato presente al Sundance dove è stato presentato per la prima volta mi sarei spellato le mani a furia di applaudire. Perché questa è forza narrativa, questa è una performance coi fiocchi, e signori miei, fatemelo dire una volta soltanto, questa è vita; tutto il resto è fuffa.
Qui di seguito la scheda film (fonte Wikipedia):
Titolo originale: Lost and Delirious Paese di produzione: Canada Anno: 2001 Durata: 103 min Genere: drammatico Regia: Léa Pool Soggetto: Susan Swan Sceneggiatura: Judith Thompson Produttore: Greg Dummett, Lorraine Richard, Louis-Philippe Rochon Produttore esecutivo: Louis Laverdière Casa di produzione: Cité-Amérique, Dummett Films Distribuzione (Italia): Nexo Fotografia: Pierre Gill Montaggio: Gaetan Huot Effetti speciali: Louis Craig Musiche: Yves chamberland Scenografia: Serge Bureau Costumi: Aline Gilmore Interpreti e personaggi: Mischa Barton: Mary Bradford Piper Perabo: Pauline Oster Jessica Paré: Victoria Moller Emily VanCamp: Allison Moller Jackie Burroughs: Fay Vaughn Mimi Kuzyk: Eleanor Bannet Graham Greene: Joe Menzies Amy Stewart: Cordelia Luke Kirby: Jake Hollander Lydia Zadel: Monica Caroline Dhavernas: Kara Alan Fawcett: Bruce Moller Peter Oldring: Phil Grace Lynn Kung: Lauren Meaghan Rath: Amica di Allison Stephen Mwinga: John Doppiatori italiani: Stella Musy: Pauline Oster Federica De Bortoli: Victoria Moller Valentina Mari: Mary Bradford Perla Liberatori: Allison Moller Emanuela Rossi: Fay Vaughn Stefano De Sando: Joe Menzies Domitilla D'Amico: Cordelia Marco Vivio: Jack Hollander Myriam Catania: Monica