lunedì 12 ottobre 2015

Mommy (2014)


★★★★

In una Canada fittizia la legge 2-14 consente, in caso di emergenza, ai parenti di minorenni particolarmente difficili da gestire, di effettuare un ricovero presso un istituto psichiatrico saltando tutta la trafila legale. Diane "Die" Despres (Anne Dorval) è una mamma quarantenne piuttosto atipica: veste in maniera esuberante, tiene una penna attaccata a un maxi-portachiavi, le fioccano dalla bocca parolacce come coriandoli (tale madre tale figlio, direbbe qualcuno), e ha la faccia tosta di chi nella vita ha capito che è tutta una fossa di leoni dove l'aiuto raramente arriva dall'alto benché meno dal basso della Terra. Dopo l'ennesima violenza perpetrata da suo figlio Steve (Antoine-Olivier Pilon) nel centro di recupero in cui risiede la madre è costretta a riprenderselo portandolo a casa con sé. Steve ha l'ADHD (deficit di attenzione e iperattività) oppositivo-provocatorio e la convivenza non sarà delle più semplici. 

Xavier Dolan è un enfant prodige del cinema. A soli 25 anni può vantare ben cinque lungometraggi più altrettanti premi assegnatili ai festival del cinema più prestigiosi tra cui, l'ultimo è il Premio della Giuria a Cannes 2014 appunto per Mommy, il suo primo film ad avere una distribuzione nel nostro Paese della serie mi-raccomando-sempre-ultimi-dobbiamo-scoprire-i-talenti. Questa doverosa premessa verso un ragazzo che farebbe esclamare anche al più superbo di noi giovini "E io cosa ho combinato finora?" è per togliere il dubbio sull'autoreferenzialità e sulla spocchiosità che dal corpo del giovane talento potrebbe essersi riversato sulla pellicola in questione. D'altronde il caro Xavier mica fa Trier di cognome. 

In Mommy gli attori Antoine-Olivier Pilon e Anne Dorval formano un duetto straordinario: le intense interpretazioni di due personalità accese una da un deficit e l'altra dalla disperazione che porta una madre a fare qualsiasi cosa per il proprio figlio (in questo caso la madre con problemi di linguaggio che entra a far parte di questo duo è l'elemento razionale che fa da ponte verso le due personalità) sono le micce che, accese dal contesto, rendono il film una bomba emotiva le cui schegge - indimenticabili e pacifiche come il ballo su On ne Change Pas o il sogno di Die e tensive come l'interpretazione di Vivo per lei da parte di Steve nel locale notturno - si conficcano su di noi come coltelli lanciati da un artista del circo. 

Sulle note degli Oasis Steve sfreccia al centro della strada su un longboard quando, giunto davanti ai nostri occhi, con le mani allarga l'inquadratura, fino a quel momento 4:3, in un liberatorio 16:9. E' difficile trovare un altro esempio di scena in grado di far provare un senso di sollievo così sorprendente allo spettatore. 

In Mommy il regista giocherella con la forma mantenendo quasi per tutta la durata della pellicola il formato quadrato (4:3), così che gli attori siano inquadrati uno per volta andando a creare una sensazione di claustrofobia emotiva, per poi allargarla fino a 16:9 nei momenti di massima felicità di Steve e nel sogno a occhi aperti di Die sulle note di Experience di Ludovico Einaudi. Quest'azione la si può fare solo se si conosce a fondo il mezzo. Nessun orpello, nessuna decisione evitabile: Dolan, non con la sceneggiatura, ma soltanto mediante il linguaggio cinematografico e l'uso delle inquadrature, fa una riflessione sui rapporti umani: è come se ci volesse dire che quando si fa entrare nella nostra vita a 1:1 un'altra persona allora si deve farle posto andando ad allargare "l'inquadratura" fino ai 16:9. 

Il finale di Mommy alla Qualcuno volò sul nido del cuculo, con la meravigliosa Born to Die di Lana Del Rey in sottofondo, è solo l'ultimo barlume di speranza di una lunga serie per un cinema migliore. Che gioca con la forma non dimenticando la sostanza.

8 commenti:

  1. Penso sia la cosa più bella che ho visto quest'anno.
    Davvero, davvero memorabile.

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    1. Per la cosa più bella vista quest'anno se la giocano, ad ora, Mad Max: Fury Road, Inside Out, e Olive Kitteridge. Ma Mommy è davvero davvero bello.

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  2. Bello, bello, bello! Mi ha emozionato dalla prima all'ultima (epica) scena.

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    1. Speravo facesse una cosa, Dolan, sul finale, ma ci ho pensato e ripensato e alla fine sono pienamente soddisfatto.

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  3. Film innegabilmente ruffiano, compiaciutissimo, ma anche incredibilmente emozionante. Bellissimo. Dolan sa di esser bravo e non fa il modesto, confermandosi un enfant-prodige dal grande futuro. Staremo a vedere.

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    1. A soli 25 anni non oso immaginare quali altri bellissimi potrà sfornare in futuro. Me lo auguro, glielo auguro, ce lo auguriamo per il bene del cinema.

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  4. Forse stasera vado a vederlo. Finalmente!

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