giovedì 21 febbraio 2013

Il teatro di Philp Roth

Il teatro di Sabbath di Philip Roth


      Fonte foto: http://giacomoalfredi.tumblr.com
       
Se qualcuno mi avesse fermato per strada con aria misteriosa e anche un po' minacciosa o se nella mia libreria preferita, mentre sfogliavo un libro di McCarthy con aria sognante, mi avesse dato tra le mani un libro di Roth, molto probabilmente gli avrei consigliato di comprarsi un pacco di carta igienica: perché l'avrei mandato a cagare. Il mio primo incontro con un libro di Roth risale a circa tre anni fa (ricordo che ingoiai La strada del vecchio McCarthy credendo che fosse il suo capolavoro) quando presi un volume che racchiudeva i quattro libri della saga di Zuckerman. Lessi il primo, Lo scrittore fantasma, e, tolto qualche punto qua e là, mi annoiai terribilmente pentendomi di aver speso quasi 20 euro. Poi, durante una mia battuta d caccia libraria sul web, presi un bell'animale selvatico, recensito come essere vivente prelibato almeno da coloro che ne avevano gustato sapientemente le pagine: Il teatro di Sabbath. Dopo aver superato le prime 70 pagine capii che i miei occhi stavano leggendo uno dei più bei libri del secolo e che il personaggio principale non me lo sarei mai tolto dalla mente.
Il personaggio principale di questa storia epica è Mickey Sabbath, un burattinaio sessantaquattrenne ebreo, malato di artrite, che è una sorta di Re Mida al contrario, ha distrutto se stesso, le persone che gli volevano bene: due mogli, e la sua carriera, e ha cercato nella sua vita di portarsi a letto più donne possibili. Dopo la morte della sua amata amante Drenka lui ripercorre la sua esistenza per mezzo di flashback cercando di compiere il suo ultimo atto creativo che concluda definitivamente la sua vita.
Roth fonde insieme due indimenticabili personaggi shakeaspiariani - Amleto e Falstaff - e crea Mickey Sabbath. Un personaggio che non scorderete mai più. Sabbath manda avanti il suo soliloquio, domandandosi se sia meglio essere o non essere, proprio come Amleto - convinto umanista - non si trattiene dal guardare la parte più oscura della sua anima, e, come Falstaff, prova e asseconda la spinta dionisiaca che caratterizza la vita dell'uomo fino all'estremo. E Sabbath, questo gigante di disperazione, oscenità e di vita, è il tragico epilogo di questa epopea solitaria: va verso la morte per il dolore di essere stato ripudiato da se stesso.

Roth ha scritto "Pastorale Americana", ma "Il teatro di Sabbath" è la grande Pastorale Umana, di cui facciamo parte, la grande fine dell'uomo moderno, la fine di noi tutti.
Sabbath è lo spirito dionisiaco di cui parlava Nietzsche, è la vita legata indissolubilmente alla creazione, alla morte. Sabbath è la personificazione della spinta irrefrenabile che ci spinge a sveglìarci la mattina (oltre la sveglia, certo), è il nostro recondito bisogno di lasciare la nostra impronta su questa terra maledetta, è la perversione che sfida il buon senso, insomma, Sabbath è la vita che vuole morire, che ci prova, che non ci riesce.

Denny B.

1 commento:

  1. PHILIPP ROTTTTTTTTTTTTH?????????!!!!!!!!!!!
    I SUOI TANTISSIMI LIBRI SONO VERI E PROPRI MATTONI CHE A LEGGERLI TI CADONO I TESTICOLI!
    E SE LO DICO IO CHE NE HO LETTI TANTI DI LIBRI.

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