domenica 3 marzo 2013

L'opera di uno scrittore sconfitto


Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway
Fonte foto: http://www.atlantidezine.it
            
Il vecchio e il mare è forse il classico della letteratura più sopravvalutato di tutti. Hemingway è uno scrittore sopravvalutato. Non riesco a capire, forse è un mio limite, le grida di giubilo per questo libro o per i suoi racconti. Molto meglio Salinger o Pancake come autori di racconti. Ma Hemingway mi fa veramente incavolare. Scrive pagine così così, per nulla memorabili, e poi riesce a scrivere uno dei racconti più belli, più architettonicamente perfetti, come Colline come elefanti bianchi e lì capisci che Hemingway era uno scrittore, sì, uno in gamba, uno con cui sarei andato molto volentieri in un bar dell'Havana, seduti a un tavolo a bere fino a dimenticare i nostri nomi e le sconfitte incappate nelle pagine bianche, quei territori sconosciuti dove ci si gioca se stessi. "L'uomo può essere ucciso, ma non sconfitto" scriveva in questo breve romanzo, ma sbagliava e lo sapeva bene. Lui si è ucciso perché non riusciva più a scrivere, perché la scrittura, prima o dopo, ti sconfigge, sì, e ti uccide nel modo più barbaro, togliendoti la fiducia nel tuo talento, e quando l'hai persa, non la ritrovi più, pur pregando ininterrottamente San Antonio, che ti faccia rtitrovare le cose perdute. Ha perso come scrittore, forse - e ripeto, forse - non come uomo. Ma lo scrittore e l'uomo si fondono e a volte è impossibile distinguere l'uno dall'altro.
Il vecchio e il mare è l'opera di uno scrittore sconfitto dalla scrittura. Il Vecchio pescatore Santiago dopo ottantaquattro giorni passati senza pescare un pesce, decide di prendere il mare da solo, e riesce a far abboccare all'esca un gigantesco pesce, un marlin, lungo mezzo metro in più della sua barca, che lo tiene per tre giorni e tre notti, e il vecchio si lascia andare a riflessioni sulla vita e sulla pesca. Alla fine Santiago riesce a uccidere il grosso pesce e a trascinarlo fino a riva, ma durante il tragitto in mare, i pescecani divorano la carcassa del marlin. Il Vecchio giunge alla sua capanna e c'è solo Manolin - un giovane ragazzo suo apprendista - che gli presta soccorso portandogli una tazza di caffè.
Il Vecchio del romanzo è Hemingway, che si getta forse per l'ultima volta nel grande oceano della scrittura, cercando di attirare all'amo una buona idea per farne un buon romanzo. Trova una grande idea: la lotta di un uomo contro una creatura della natura, un uomo contro la natura stessa, un uomo contro il suo destino. Riesce, dopo una lunga lotta, a portare a riva l'idea, ma è ridotta a brandelli, è un'idea che in molti hanno già addentato, masticato e digerito.
Basti pensare al capolavoro di Melville Moby Dick e ho detto tutto. Il capitano Achab alla ricerca spasmodica della balena bianca. Achab contro la natura, il suo destino, e contro il suo "se stesso" più nascosto e più oscuro.
Hemingway ricevette il Premio Pulitzer per questo romanzo nel 1953 e due anni dopo gli fu assegnato il Premio Nobel per letteratura commentando: "Troppo tardi".
Io amo lo stile di Hemingway, se non fosse così, Cormac McCarthy non sarebbe il mio scrittore preferito, e amo Faulkner, il suo eterno rivale. Ma ripeto, questa è l'opera di uno scrittore sconfitto, e non ricordiamolo per quest'opera. Ricordiamolo per alcuni suoi racconti - soprattutto Colline come elefanti bianchi - e per il suo stile crudo come la vita, sincero come un bicchiere di birra, e semplice come, forse, lui era.
Mi sarebbe piaciuto conoscerlo, tutto qui.
Denny B.

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